Per il ponte Morandi, il viadotto crollato il 14 agosto 2018 causando la morte di 43 persone, vennero fatti falsi report sulle "ispezioni, sulla valutazione di sicurezza richiesta dall'ordinanza del presidente del Consiglio dei ministri e sulle verifiche di sicurezza antisismiche". Per la prima volta viene messo nero su bianco un sospetto che da due anni aleggiava sulla vecchia dirigenza di Autostrade: venne nascosto il reale stato di salute della struttura. A scriverlo sono i giudici del tribunale del Riesame di Genova che hanno revocato i domiciliari a Paolo Berti, ex direttore delle Operazioni centrali di Aspi, interdetto però per un anno. L'ex dirigente, difeso dagli avvocati Filippo Dinacci e Marcello D'Ascia, era stato arrestato a metà novembre nell'ambito dell'inchiesta sulle barriere fonoassorbenti pericolose insieme all'ex Ad di Aspi e Atlantia Giovanni Castellucci e all'ex direttore delle Manutenzioni Michele Donferri Mitelli.
Anche per il primo sono stati revocati i domiciliari, con intedittiva, mentre per il secondo sono stati confermati. Le bugie, sostengono i giudici, hanno riguardato anche il progetto di retrofitting (il rinforzo delle pile nove, quella caduta, e la dieci) e sono state dette anche al Mit celando il reale stato di salute della rete autostradale. "C'era una elusione dei controlli - sottolineano i giudici - e avallate affermazioni inveritiere, quali la premessa tranquillizzante delle continue attività di controllo e monitoraggio invece estremamente lacunose". E ancora, si è mentito "sullo stato discreto degli stralli e di alcune pile, smentito in atti", "sullo stato degli altri elementi strutturali" descritto come "medio oscillante tra il 10% e il 20% del tutto incongruo secondo le valutazioni della commissione ispettiva ministeriale". Il tutto sempre "allo stesso fine: coprire omissioni e condotte già tenute tese a risparmiare denaro nella manutenzione e nell'adeguamento delle strutture autostradali, nell'interesse di una maggiore distribuzione degli utili".
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