(ANSA) - GENOVA, 18 OTT - I porti italiani, a partire da
Genova, stanno lavorando per essere sempre più green e
sostenibili, ma la velocità con cui cambiano le tecnologie
rischia di rappresentare un limite perché rende difficile
scegliere per gli scali, ma anche per gli armatori, su cosa
investire. "Ogni 3-4 anni si affaccia sul mercato una nuova
tecnologia: siamo partiti con combustibili meno inquinanti per
le navi. Poi abbiamo avuto l'elettrificazione delle banchine,
poi è arrivato il Gnl, ora si affacciano altri combustibili come
l'ammoniaca e il metanolo e, ultima frontiera, l'idrogeno -
spiega il presidente dell'Autorità di sistema portuale del Mar
Ligure Occidentale Paolo Emilio Signorini al convegno di
Telenord "La portualità italiana: transizione ecologica e
digitalizzazione" -. Il problema di questa rapida obsolescenza
dell'ultimo ritrovato in campo ambientale è che ogni tecnologia
è molto costosa: per l'elettrificazione delle banchine il porto
di Genova sta investendo complessivamente oltre 50 milioni, un
deposito di Gnl costa minimo 40 milioni. Se un porto, lato
pubblico, investe in una di queste tecnologie e non raggiunge
una soglia minima dimensionata per l'attività, l'investimento
diventa diseconomico". E oggi non c'è una scelta univoca che
dica su cosa investire. "Non si riesce a stabilizzare una
tecnologia a livello mondiale - spiega Signorini - cioè non si
riesce a dire: cavalchiamo l'elettrificazione delle banchine, e
allora tutto il cluster si adegua, o un'altra tecnologia. In
Italia, dove pure stiamo investendo, non abbiamo ancora una
tariffa fissata dall'authority per l'energia per allacciarsi
alla rete elettrica in banchina e non abbiamo chiari gli
obiettivi per gli armatori per attrezzare le navi per
allacciarsi". Anche sui depositi di Gnl, da attrezzare per
rifornire le navi che ne faranno richiesta ci sono ancora
incognite a livello italiano. "Ne stiamo inaugurando a uno a
Ravenna - sottolinea Signorini - ma la previsione delle commesse
da qui a 15 anni è meno chiara rispetto a 5 anni fa. Se non si
stabilizza una tecnologia è una continua rincorsa". (ANSA).
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