Liguria

Terrorismo: foto arrestati con attentatore Charlie Hebdo

Sotto Torre Eiffel, 'ci vediamo sui campi di battaglia'

Terroristi pachistani

Redazione Ansa

Blitz antiterrorismo della Polizia di Stato nei confronti di una cellula composta da cittadini pachistani che operava sia in Italia che in altri paesi europei e collegata ad un network più ampio chiamato 'Gruppo Gabar', a sua volta legato a Zaheer Hassan Mahmoud, il 27enne che a settembre del 2020 attaccò la ex sede del giornale satirico Charlie Hebdo a Parigi, ferendo a colpi di mannaia due persone. Sono complessivamente 14 le misure cautelari emesse dal Gip di Genova ed eseguite sia in Italia sia all'estero. L'accusa nei loro confronti è di associazione con finalità di terrorismo internazionale. L'indagine è stata coordinata dalla Dda di Genova e svolta dalla Digos e dall'Antiterrorismo, con il coinvolgimento degli uffici antiterrorismo di Spagna e Francia coordinati dall'European counter terrorismo centre di Europol. Indagini che hanno consentito di accertare l'esistenza della cellula, operativa in diverse province italiane e in alcuni paesi Europei, riconducibile ad un gruppo più ampio composto sempre da pachistani, tutti contatti di Zaheer Hassan Mahmoud. Quest'ultimo, il 25 settembre del 2020, si presentò con una mannaia in mano davanti all'edificio che aveva ospitato Charlie Hebdo fino all'attentato del gennaio 2015 in cui morirono 12 persone: dopo l'arresto disse agli investigatori di voler punire il giornale satirico per la nuova pubblicazione delle caricature di Maometto, senza però sapere che la redazione aveva traslocato. Dall'attentato del 2015, infatti, la sede di Charlie è in un luogo segreto e protetto. Quella mattina di settembre 2020 Mahmoud ferì dunque un uomo di 36 anni e una donna di 28, due dipendenti di un'agenzia stampa che aveva la sede nel palazzo e che erano scesi a fumare una sigaretta.

Arrestati, tra 2 mesi compriamo armi  
 La cellula terroristica pakistana individuata dagli investigatori era pronta a comprare armi e stava reclutando sodali in Italia. E' quanto emerge
dall'indagine della Digos di Genova e dell'Antiterrorismo che ha portato all'arresto di 14 persone. "Tra due mesi compriamo armi", si dicono il capo della cellula italiana e il "maestro", pachistano di 33 anni. E, ancora, "ora bisogna andare in ogni città e trovare quelle 10 persone che mi servono.., più saremo, meglio è…..", si dicono mentre cercano un posto dove stare: "fammi lavorare due mesi, e poi troviamo una nostra "Tana" e facciamo il gruppo Gabar qui in Italia". Il pachistano passato da Chiavari (Genova), secondo il gip, forniva il proprio contributo partecipativo all'associazione terroristica "... promuovendo a partire dall'aprile 2021, la formazione di una cellula sedente ed operante in Italia, attraverso il reclutamento di sodali, la individuazione di un covo (cd. Tana), l'acquisto di armi, offrendo ospitalità a sodali, mantenendo rapporti e contatti con personaggi al vertice della organizzazione". Al momento sono sei le persone arrestate in Italia e una in Spagna, nell'ambito dell'inchiesta sulla cellula terroristica pakistana sgominata dalla Digos di Genova e dall'Antiterrorismo. Due persone sono state arrestate a Genova, una a Firenze, una in provincia di Reggio Emilia, una a Bari, una a Treviso e l'ultima in Spagna. Dall'estate 2021 gli investigatori hanno documentato numerosi incontri tra gli indagati che, periodicamente, hanno raggiunto il territorio italiano, in particolar modo a Fabbrico (RE), dove T. Y. si è stabilito e ha trovato lavoro. L'Italia, secondo gli inquirenti, era il luogo privilegiato per il supporto logistico del Gruppo Gabar. Una circostanza dimostrata anche dall'arresto a Lodi, a fine settembre 2021 di Ali Hamza, pachistano di 19 anni, su mandato di arresto europeo emesso dalla procura antiterrorismo di Parigi perché legato all'attentatore di Charlie Hebdo, al punto da essere stato incaricato di diffondere il video di rivendicazione dell'attacco una volta avuta la certezza che la progettualità fosse andata a buon fine. Da ultimo, l'impianto investigativo ha trovato una conferma in una recente operazione in Spagna che, a febbraio 2022 ha portato all'arresto di cinque persone, di cui almeno tre in contatto con gli odierni indagati e tutti riconducibili al Gruppo Gabar.

Su social video con machete e coltelli 
Brandiva machete o coltelli di grandi dimensioni mimando insieme agli altri il "taglio della gola" per strada o dentro abitazioni il capo della cellula terroristica pakistana sgominata dalla Digos e dall'Antiterrorismo. E' quanto emerge da video postati sui social. Spesso appare avvolto da tunica e copricapo neri mentre recita testi inneggianti alla violenza oppure mentre è in compagnia di connazionali. L'inchiesta ha avuto il punto di svolta con il rientro in Italia, nell'aprile dello scorso anno, del principale indagato, il pachistano di 25 anni, già in precedenza domiciliato a Chiavari, dove aveva fatto rientro subito dopo la riammissione dalla Francia, prima di trasferirsi in provincia di Reggio Emilia. Nel Paese transalpino era stato arrestato due mesi prima per porto in luogo pubblico di un grosso coltello. Dalle indagini, coordinate dalla procura di Genova, è emersa una pubblicazione continua di video e post apologetici e violenti riconducibili alla cellula, ramificata in diverse province italiane e in alcuni Paesi europei, riconducibile a un più ampio gruppo di giovani pakistani, auto-denominatosi "Gruppo Gabar ", tutti facenti parte dei contatti diretti dell'attentatore di Charlie Hebdo. Oltre alle manifestazioni di vicinanza all'autore dell'attacco di Parigi, anche lui membro del Gruppo Gabar Francia, e di piena condivisione delle motivazioni che lo avevano indotto a passare all'azione, l'indagine ha consentito di delineare il substrato ideologico/confessionale dei sodali, continuamente protesi a diffondere online dottrine religiose improntate alla violenza e con una forte visione antioccidentale, in piena aderenza alla linea di predicatori che incitano all'uccisione di coloro che si "macchiano" di blasfemia.

Foto arrestati con attentatore Charlie Hebdo

Due mesi prima dell'attentato sotto l'ex sede del giornale satirico Charlie Hebdo a Parigi, alcuni degli arrestati dalla Dda di Genova si erano fatti una foto sotto la Torre Eiffel insieme all'attentatore e l'avevano pubblicata sui social con la didascalia "abbiate un po' di pazienza…ci vediamo sui campi di battaglia".
    E' quanto emerge dall'indagine della Digos di Genova e dell'Antiterrorismo che ha sgominato una cellula terroristica pakistana in Italia. Nell'operazione sono coinvolte anche le Digos di Reggio Emilia, Firenze, Treviso e Brindisi e, all'esecuzione delle misure all'estero, per le quali sono state diramate le ricerche in ambito europeo, stanno concorrendo la Comisarìa General de Informacìon spagnola e l'antiterrorismo francese con il coordinamento dell'E.C.T.C. - European Counter Terrorism Center di Europol.

Terrorismo: leader cellula aveva status rifugiato dal 2015

 Il leader della cellula pakistana sgominata dalla Digos genovese e dall'Antiterrorismo aveva ottenuto lo status di rifugiato in Italia nel 2015. È quanto emerge dalle indagini che hanno portato all'arresto di 14 persone. "Si tratta di una delle operazioni - ha sottolineato Diego Parente capo della Direzione centrale polizia di prevenzione - contro il radicalismo islamico tra le più importanti in Italia. Ha una dimensione europea".

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