(ANSA) - GENOVA, 26 MAR - "E' stato imbarazzante leggere le
motivazioni della sentenza Nada Cella. Nessuno ha mai voluto un
colpevole a tutti costi".
Per il giudice gli elementi raccolti dalla Procura sarebbero
"solo sospetti e non indizi" incapaci di portare a "una
ragionevole previsione di condanna come previsto dalla riforma
Cartabia".
"Si è sempre cercato di arrivare a un contraddittorio -
continua la criminologa - che sarebbe stata l'occasione per
mettere a confronto tra loro i 3 indagati che, fino ad oggi, si
sono presi beffe di tutti, in primis della magistratura,
dimostrando che si può omettere, mentire e rifiutarsi di dare
spiegazioni senza inciampare in alcun capo di imputazione". Il
giudice ha anche spiegato che "Soracco e la madre hanno sviato
le indagini e mentito" e che il commercialista era presente al
momento dell'omicidio.
"La Cartabia può essere, forse, un cerotto utile per una
piccola ferita non certo la cura per un tumore lungo 28 anni e
mai curato. Come si può addurre colpe gravissime all'indagato -
conclude Delfino Pesce - e non prendersi poi la responsabilità
di un processo? Come si può prosciogliere l'indagata sulla base
di un Dna cercato e non trovato dopo tre decenni? Come si può
presumere che l'alibi sia stato verificato nel 1996 se nulla è
agli atti? Sarebbe giusto che qualcuno si prendesse per una
volta la responsabilità di avvertire i familiari di omicidi
irrisolti di non aspettare più, di farsene una ragione perché
per loro lo Stato non ci sarà. Bisogna abituarsi a non aver
fiducia nella giustizia da piccoli perché da grandi si fa
fatica".
Per la procura Cecere uccise Nada perché gelosa. Gli altri
due coinvolti, Soracco e la madre, avrebbero mentito per
convenienza: la segretaria aveva scoperto un malaffare dentro lo
studio e voleva andarsene via. (ANSA).
Omicidio Cella: criminologa, motivazioni sentenza imbarazzanti
Delfino Pesce, dite a parenti delitti irrisolti di assenza Stato