di Francesca Brunati
Con l'invio degli atti al Tribunale dei Ministri, la procura di Milano ha dato veste formale all'inchiesta nella quale Giulio Tremonti è accusato di corruzione per una presunta tangente di 2,4 milioni di euro che sarebbe stata versata, quando era ministro, da Finmeccanica per ottenere, nel maggio 2008, dopo un primo parere negativo, il via libera all'acquisizione del gruppo statunitense Drs, fornitore anche del Pentagono.
Oltre all'allora numero uno del dicastero dell'Economia, risultano indagati anche il socio dello studio tributario da lui fondato, Enrico Vitali, e l'ex presidente e l'ex direttore finanziario di Finmeccanica Pierfrancesco Guarguaglini e Alessandro Pansa. L'indagine, coordinata da Roberto Pellicano e Giovanni Polizzi - gli stessi pm che stamani hanno disposto la perquisizione dello studio "Tremonti, Vitali, Romagnoli, Piccardi e Associati" ma per un'altra inchiesta legata a un presunto riciclaggio di denaro di Marco Milanese - ha preso il via in seguito alle dichiarazioni rese nel 2010 al pm di Roma Paolo Ielo dall'ex consulente di Finmeccanica Lorenzo Cola, il quale aveva associato il cambio di 'rotta' e l'ok di Tremonti all'operazione Finmeccanica-Drs proprio alla parcella milionaria liquidata dalla holding di Stato allo studio dei soci dell'allora ministro per una consulenza fiscale. Parcella che, è l'ipotesi degli inquirenti milanesi, sarebbe servita a mascherare in realtà la tangente.
L'ex inquilino di via XX Settembre, che come gli altri coindagati oggi, dopo la trasmissione del fascicolo al tribunale dei Ministri, dovrebbe aver ricevuto l'atto dal quale risulta sotto inchiesta, ha respinto gli addebiti: "Non ho mai chiesto o sollecitato nulla ed in nessun modo da Finmeccanica. Anche per questo, come sempre, ho assoluta fiducia nella giustizia". "Ben prima di entrare nel governo, insediatosi venerdì 8 maggio 2008 - ha spiegato in una nota - mi sono cancellato dall'ordine degli avvocati e sono uscito dallo studio in base ad atto notarile e perizia contabile. Ci sono rientrato solo nel 2012, un anno dopo la fine del governo, come prescrive la legge. Nel durante ho interrotto tutti i rapporti con lo studio". "L'operazione DRS-Finmeccanica - ha proseguito - ha interessato e coinvolto la politica industriale e militare di due Stati. Come risulta dai documenti SEC e Consob, l'operazione è iniziata nell'ottobre 2007 ed è stata conclusa lunedì 12 maggio 2008". "Anche seguendo il calendario, - ha precisato ancora - si può dunque verificare che, per la sua dinamica irreversibile e per la sua natura internazionale, l'operazione non era da parte mia né influenzabile, né modificabile, né strumentalizzabile". Finmeccanica, invece, ha reso noto che qualora le "condotte illecite" ipotizzate "venissero ulteriormente confermate, porrà in essere ogni possibile iniziativa volta alla tutela dei propri interessi e della propria immagine attesa la propria posizione di persona offesa" Questa mattina intanto lo studio fiscale in pieno centro a Milano fondato dall'ex ministro è finito ancora nel mirino di inquirenti e investigatori.
I carabinieri del nucleo investigativo, alla presenza dei pm Pellicano e del collega romano Ielo (pare per un ulteriore procedimento), hanno perquisito gli uffici e notificato un'informazione di garanzia a Enrico Vitali e a un altro socio, Dario Romagnoli, accusati di riciclaggio del denaro di Marco Milanese, l'ex braccio destro di Tremonti. I due professionisti, come si legge nel capo di imputazione, nel 2011 avrebbero "custodito e comunque gestito denaro appartenente" a Milanese proveniente dai delitti di rivelazione del segreto d'ufficio e corruzione "in modo da occultarne la provenienza" (...) assicurandogli "la disponibilità in contanti, anche con la possibilità di utilizzare la copertura dello studio professionale" potenziale "destinatario di incarichi idonei a favorirne formale giustificazione ai trasferimenti" dei soldi. Questa nuova indagine ha preso il via dalle dichiarazioni dell'imprenditore irpino Paolo Viscione. Nel luglio 2011 aveva messo a verbale davanti ai pm napoletani di aver consegnato a Milanese soldi e regali in cambio della promessa di rallentare e ''sistemare'' le inchieste della Gdf a suo carico e carico della sua società. Per la vicenda l'ex consigliere di Tremonti, in carcere per il caso Mose, è finito imputato.
Leggi l'articolo completo su ANSA.it