(di Francesca Brunati)
Due anni e mezzo di carcere. E' la condanna inflitta oggi a Marco Milanese, ex consigliere politico di Giulio Tremonti ed ex parlamentare del Pdl, imputato a Milano per una tranche dell'inchiesta sul caso Mose. Mentre oggi a Venezia si è aperto il processo principale con otto imputati, tra cui l'ex ministro Altero Matteoli e l'ex inquilino di Ca' Farsetti Giorgio Orsoni, nel capoluogo lombardo si è concluso in primo grado il dibattimento a carico dell'ex parlamentare che, originariamente accusato di concorso in corruzione, si è visto derubricare il reato in traffico di influenze illecite. Lo ha deciso la quarta sezione penale del Tribunale, presieduta da Oscar Magi, che ha accolto in pieno la richiesta in via subordinata a quella di 3 anni e mezzo per corruzione avanzata lo scorso 2 febbraio dal pm Roberto Pellicano.
Richiesta appunto di 2 anni e mezzo di carcere per traffico di influenze proposta al collegio in linea con quanto stabilito dalla Cassazione, quando nel novembre di due anni fa aveva riqualificato il reato e disposto la scarcerazione dell'ex braccio destro di Tremonti. Milanese, che non ha voluto commentare la sentenza e ha lasciato l'aula senza proferire parola, è stato condannato anche a risarcire in sede civile i danni al Consorzio Venezia Nuova (Cvn) e al Ministero dell'Economia, le due parti civili alle quali dovrà versare una provvisionale di centomila euro ciascuna oltre alla rifusione delle spese legali. Le motivazioni saranno pronte entro 90 giorni. Il processo che è stato definito in tarda mattinata, ha al centro il filone di indagine, trasmesso per competenza territoriale dalla magistratura veneziana a quella meneghina, nel quale erano coimputati il generale in pensione della Gdf Emilio Spaziante e l'ex ad di Palladio Finanziaria Marco Meneguzzo.
I due a novembre 2014 avevano rispettivamente patteggiato 4 anni e una confisca di 500 mila euro e 2 anni e mezzo di reclusione per concorso in corruzione. Spaziante, ritenuto responsabile anche di un secondo episodio di corruzione, si era visto inoltre confiscare beni mobili e immobili per un valore di circa 4 milioni. Per l'accusa, Milanese avrebbe ricevuto da Meneguzzo, presunto intermediario, 500 mila euro da parte di Giovanni Mazzacurati, all'epoca presidente del Consorzio Venezia Nuova, in cambio del suo intervento per introdurre, quando Tremonti era ministro dell'Economia, "una norma ad hoc per salvare il finanziamento di 400 milioni" per il Mose e che altrimenti il Cipe avrebbe destinato ad altre opere al Sud. Dagli accertamenti è emerso che la mazzetta sarebbe stata pagata negli uffici di Milano di Palladio Finanziaria. Una ricostruzione, questa, respinta dalla difesa, rappresentata dagli avvocati Franco Coppi e Bruno La Rosa. I due legali nell' arringa avevano sostenuto che il loro assistito non aveva ricevuto "alcuna delega" da Tremonti ad occuparsi della questione Mose e che, quindi, non solo non ci fu corruzione ma nemmeno traffico di influenze illecite. Il ricorso in appello è scontato. (ANSA).
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