Lombardia

Hosni interrogato: 'Coltelli rubati per difendermi'

Indagini per capire se fosse già pronto compiere azione violenta

Redazione Ansa

"Ho rubato quei due coltelli perchè in stazione c'erano delle persone che volevano farmi del male, per difendermi, ricordo che ero in stazione ma non ricordo nulla dell'aggressione, quando mi sono svegliato avevo il sangue sulle mani". E' quanto avrebbe detto, stando al suo legale Giuseppina Regina, Ismail Tommaso Hosni, il ventenne arrestato giovedì scorso per aver ferito due militari e un agente alla stazione centrale di Milano, nell'interrogatorio in carcere davanti al gip. "Quel giorno avevo assunto cocaina", ha detto il ragazzo.

Quei due coltelli, poi, che il giovane teneva stretti nelle mani dentro le tasche della felpa (il cappuccio alzato sulla testa), li avrebbe rubati poco prima, come ha raccontato lui stesso agli agenti, in un supermercato della zona. Non è escluso, dunque, che stesse già pensando di entrare in azione. E su questo e altri punti gli inquirenti vogliono sentirlo nei prossimi giorni. L'interrogativo centrale dell'indagine, infatti, verte proprio sulla reazione sproporzionata di Hosni rispetto all'intervento di routine della pattuglia. Un elemento che va a sommarsi a quel profilo Facebook a lui attribuibile dove sono state trovate scritte e video di esaltazione dello 'stato islamico', al suo profilo di sbandato e di terrorista 'in maturazione' perché facile preda del proselitismo dell'Isis e alle sue frequentazioni. E così gli investigatori scavano nel suo passato, a partire dal libico Ahmed Jbali, 23 anni, che venne arrestato con lui per spaccio nel dicembre scorso.

Jbali, tra l'altro, già prima dell'episodio di due giorni fa, figurava in un documento dell'antiterrorismo perché su di lui ci sarebbero state alcune indicazioni su una presunta vicinanza ad ambienti integralisti. Il libico potrebbe anche essere già stato individuato e sentito nell'indagine. Hosni, intanto, che aveva anche una tessera dell''Opera San Francesco per i poveri' di viale Piave dove qualche volta andava a mangiare (trovata assieme a carta d'identità, passaporto e tessera sanitaria), dice di essere musulmano ma non praticante. Non ha mai parlato dell'Isis nemmeno al suo legale, l'avvocato Giuseppina Regina. "Sono solo, abbandonato, ero arrabbiato, esasperato e mi dispiace per quello che ho fatto", ha ripetuto più volte al suo difensore. Il legale è pronto già questa mattina, quando si terrà l'interrogatorio nel carcere di San Vittore, a depositare al gip Manuela Scudieri la richiesta di effettuare una perizia psichiatrica anche per valutare la capacità di intendere e di volere del ragazzo che, come unici punti di riferimento familiare, aveva una zia che abita a Milano e una nonna che vive a Tunisi. Nel frattempo, nella richiesta di custodia cautelare i pm evidenziano il pericolo che il ragazzo possa colpire ancora, se scarcerato.

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