Lombardia

Collaboratrice ai pm di Milano: 'Un ras della droga alla Barona'

Sarebbe Nazzareno Calajò, detto 'Nazza' o 'lo zio'

Redazione Ansa

(ANSA) - MILANO, 26 APR - "In Barona non si muove niente senza Nazzareno". Così una donna, che ha deciso di collaborare con gli inquirenti milanesi, ha descritto a verbale il "potere" che aveva Nazzareno Calajò, detto "Nazza" o "lo zio", 53 anni, al vertice delle "piazze di spaccio" gestite dal gruppo della Barona, storico quartiere popolare nella zona sud-ovest di Milano, e finito in carcere oggi nella maxi inchiesta condotta dai carabinieri e dalla polizia penitenziaria e coordinata dai pm della Dda milanese Francesco De Tommasi e Gianluca Prisco.
    Indagine che ha portato a galla anche un traffico di droga all'interno del carcere milanese di Opera. Nelle oltre 700 pagine del decreto di fermo dei pm a carico di 8 persone, tra cui Calajò e anche Massimiliano Mazzanti detto "Massimino spara-spara" (che si aggiungono alle oltre mille pagine dell'ordinanza a carico di altri 22 arrestati), vengono ricostruiti, anche grazie alle parole della donna pure lei indagata per aver fatto parte del gruppo criminale, tutti i traffici di cocaina, hashish e marijuana gestiti da Calajò e dai suoi sodali, tra cui anche il figlio Andrea e il nipote Luca, che sarebbe stato a capo di un'altra "articolazione".
    Come ha messo a verbale sempre la collaboratrice, ci sarebbe stato un "palpabile timore reverenziale" nel quartiere nei confronti di Nazzareno Calajò. Ogni volta che entrava in un bar della zona, la presunta "base" operativa dello spaccio, "si vedevano proprio le espressioni delle persone, gli avventori piuttosto che i ragazzi, i lavoranti del bancone del bar, cambiare immediatamente espressione - ha raccontato - timorosi anche di dire 'buongiorno', era evidente il turbamento rispetto alla caratura del personaggio che entrava". (ANSA).
   

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