Lombardia

Rossosperanza, rabbia giovane e potere negli anni '90

Il film di Zambrano in gara a Locarno, poi in sala dal 24 agosto

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 10 AGO - È il 1990 l'anno scelto per la vetrina di 'mostri quotidiani al potere' e dei loro figli più o meno ribelli in Rossosperanza, l'opera seconda di Annarita Zambrano, che attinge a storie, personaggi e amici dell'ambiente in cui lei stessa è cresciuta, per un viaggio tra dramma, satira, favola e commedia dark. Protagonisti, fra gli altri, Margherita Morellini, Leonardo Giuliani, Ludovica Rubino, Luca Varone, Elia Nuzzo, Andrea Sartoretti, Daniela Marra, Antonio Zavatteri, con la partecipazione di Rolando Ravello. Il film, prodotto da Mad Entertainment con Rai Cinema e Minerva Pictures, debutta in concorso a Locarno e arriva in sala dal 24 agosto distribuito da Fandango. "È naturale attingere a ciò che si conosce, al proprio background morale, familiare e a quello del Paese - spiega all'ANSA Annarita Zambrano, che da anni vive e lavora in Francia -. Con il primo film (Dopo la guerra, del 2017) e il secondo, secondo me, si chiude anche un po' il cerchio del passato. Dopo la guerra è un film molto austero, questo è più libero, dove c'è una trasfigurazione profonda della realtà attraverso la mia immaginazione. Comunque anche se sono molto diversi parlano entrambi del concetto di potere". Al centro del racconto, in un'Italia del 1990, c'è un'esclusiva clinica dove ricche e potenti famiglie borghesi (a dare volto a tre dei padri in questione c'è sempre Andrea Sartoretti), affidano quei figli, troppo diversi, pericolosi o violenti. Così incontriamo Zena (Morellini), talentuosa dj, introspettiva che dispensa giustizia a modo proprio; Marzia (Rubino) che dietro la sua sessualità libera nasconde l'essere trattata da oggetto; Alfonso (Giuliani), la cui omosessualità ha scatenato le ire di un padre dittatoriale, e Adriano (Varone), le cui risposte agli altri sono spesso attraverso silenzio e la violenza. Un mondo nel quale si aggira anche una tigre…. "Qui c'è uno sguardo verso un'epoca terribile, ma che da un lato rimpiango anche un po' perché era la mia giovinezza", dice Zambrano. Il "mio compito da cineasta è comprendere come faccia eco con l'epoca di adesso, mettendoci anche un po' di ironia perché mi sembra che ci prendiamo un po' tutti troppo sul serio". (ANSA).
   

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