Lombardia

Al Milano Pride bandiere palestinesi e 'No pride in genocide'

Ma sfila anche la comunità ebraica con 'Certi diritti'

Redazione Ansa

(ANSA) - MILANO, 29 GIU - Ci sono anche esponenti della comunità ebraica di Milano al Pride che partirà a breve dal viale antistante la stazione Centrale, per concludersi all'Arco della Pace. Tra questi il direttore del museo della Brigata ebraica Davide Romano e il giornalista Klaus Davi che hanno deciso di sfilare nonostante il rifiuto dell'associazione queer ebraica Keshet Italia di non aderire ai Pride nazionali, a causa delle tensioni dopo il conflitto del 7 ottobre. Sono tante le bandiere palestinesi che si vedono in corteo e anche qualche cartello come quello con la scritta 'No Pride in Genocide'.
    Inoltre ciò che viene contestato a Milano è uno degli slogan scelto dal corteo, 'Cessate il fuoco a Gaza', con l'uso del termine genocidio utilizzato per descrivere ciò che accade nella Striscia. Gli esponenti della comunità ebraica sfilano con il carro di "Certi diritti", organizzato insieme a Più Europa e associazione Radicale Enzo Tortora. Sul carro è esposto anche il cartello con la scritta 'Jews are Welcome' con lettere color arcobaleno. "Questo cartello è uno dei motivi che mi ha spinto a andare al Pride - ha spiegato Davide Romano -, perché Certi Diritti ha fatto un piccolo grande gesto di solidarietà verso il mondo ebraico. Quindi sono qui nonostante le parole malate del 'documento politico' del Pride milanese che cancella totalmente il massacro di 1200 ebrei il 7 ottobre, nonostante il pregiudizio antisionista che li porta a evocare il genocidio da parte di Israele, nonostante l'assenza di una sola parola contro l'omofobia di Hamas che uccide le persone Lgbti".
    "Rispettiamo la scelta sofferta di Keshet. Però io ritengo che la testimonianza dell'unica democrazia in Medio Oriente che ospita il Pride ci dovesse essere - ha detto Klaus Davi sventolando una bandiera arcobaleno -. Mi è dispiaciuta la presa di posizione di Alice Redaelli di Arcigay Milano sul genocidio perché significa che non siamo bene accolti". (ANSA).
   

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