Quattro anni di reclusione, come aveva chiesto la Procura. E' la pena inflitta a Irene Pivetti nel processo milanese per le accuse di evasione fiscale e autoriciclaggio e su una presunta finta compravendita di tre Ferrari Granturismo.
Indagine che le era già costata un sequestro da oltre 3,4 milioni di euro, cifra per la quale il Tribunale ha disposto la confisca, che arriverà se la sentenza diventerà definitiva. E' scontato il ricorso in appello, perché l'ex presidente della Camera continua a ribadire la propria innocenza.
"Questa è solo la fine del primo tempo - ha detto dopo il verdetto -. Non aspettavo nulla di diverso. Sono curiosa di vedere le motivazioni. Ricorreremo in appello e sono serena perché sono perfettamente innocente. Le tasse le ho sempre pagate".
"Ma qui - ha aggiunto - l'oggetto del contendere è far passare la Pivetti come un evasore fiscale". La sentenza delle giudici della quarta penale Scalise-Cecchelli-Castellabate è arrivata a seguito delle indagini del pm Giovanni Tarzia, condotte dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf. Sono stati condannati anche il pilota di rally ed ex campione di Granturismo Leonardo 'Leo' Isolani, a 2 anni con pena sospesa e non menzione, e la moglie di Isolani, Manuela Mascoli, anche lei a 2 anni. Mentre la figlia di quest'ultima, Giorgia Giovannelli, è stata assolta.
Nell'inchiesta veniva ipotizzato un ruolo di intermediazione di 'Only Italia', società riconducibile a Pivetti, in operazioni del Team Racing di Isolani, che voleva nascondere al fisco (aveva un debito di 5 milioni) alcuni beni, tra cui le tre Ferrari. Le auto sarebbero state al centro di una finta vendita, nel 2016, al gruppo cinese Daohe per essere, invece, trasferite in Spagna. L'unico "bene effettivamente ceduto, ovvero passato" ai cinesi, stando all'imputazione, sarebbe stato "il logo della Scuderia Isolani abbinato al logo Ferrari".
Se lo scopo di "Isolani e Mascoli" era quello "di dissimulare la proprietà dei beni e sottrarli" al fisco, "l'obiettivo perseguito da Irene Pivetti" sarebbe stato "di acquistare il logo Isolani-Ferrari per cederlo a un prezzo dieci volte superiore al gruppo Dahoe, senza comparire in prima persona". Per la Procura, l'ex parlamentare leghista avrebbe comprato il marchio per 1,2 milioni di euro per rivenderlo alla società cinese a "10 milioni".
Nel settembre 2022 la Cassazione confermò il sequestro da quasi 3,5 milioni, che inizialmente era stato bocciato dal gip. Il pm nella requisitoria ha evidenziato la "natura simulata dei contratti", vista anche "la plusvalenza realizzata". Pivetti, per l'accusa, usò le società "come schermo giuridico: erano solo scatole vuote". Il pm aveva chiesto di non concederle attenuanti, perché "si pretende" che Pivetti "abbia sensibilità agli obblighi di legge", dato che "ha avuto modo di conoscere le istituzioni dello Stato dall'interno", è stata "la terza carica dello Stato" ed è "beneficiaria di un vitalizio pagato dai cittadini". Attenuanti generiche, invece, riconosciute dai giudici.
Per Pivetti, assistita dall'avvocato Filippo Cocco, si avvicina, poi, un altro scoglio giudiziario: un processo a Busto Arsizio (Varese) su una compravendita dalla Cina di mascherine per 35 milioni di euro durante l'emergenza Covid. Per l'accusa, ne furono consegnate molte meno, per un valore di 10 milioni, e di qualità scadente.
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