Lombardia

Arte come denuncia, performer sfila in catene per diritto a cure

Nuova improvvisazione di Nicola Mette a un passo da Duomo Milano

Redazione Ansa

(ANSA) - CAGLIARI, 12 OTT - In un'affollata Milano, alle 12.30, un uomo incede trascinandosi una catena legata alla caviglia con una targa di ferro e la scritta "privato". Scalzo, indosso un camice bianco, raggiunge il Duomo e il palazzo della Regione Lombardia, tra gli sguardi incuriositi della gente.
    Nicola Mette, artista e performer sardo, accende ancora una volta i fari sui temi dell'attualità: il sistema sanitario in crisi. La sua nuova performance-azione di protesta, "Privato", è una marcia silenziosa, interrotta dal rumore del ferro sull'asfalto e sui grigliati metallici.
    Ogni passo sembra gridare contro un sistema che trasforma i diritti in lussi, un'immagine di forte impatto ad evocare, nel messaggio, la privazione di cure mediche come della dignità, libertà e uguaglianza. "La parola 'Privato' richiama la frattura tra chi può permettersi un sistema di cura e chi ne è escluso - spiega all'ANSA l'artista, attivo sulla scena da 25 anni - La catena che lo lega rappresenta il segno di una divisione sociale che stritola i più deboli tra liste d'attesa interminabili e cure trascurate o ritardate, con la sanità pubblica che si sgretola sotto il peso dell'inefficienza e della disuguaglianza".
    La performance si è avvalsa delle foto e dei video di Raùl Funes, Cristina Abbate e Marco Alan Maitti, con l'ausilio delle immagini scattate con i droni da Daniela Falcone. "Non cerco la spettacolarizzazione - puntualizza Mette - piuttosto una tensione silenziosa, un richiamo a riflettere su cosa significhi oggi essere cittadini in un paese che privatizza i diritti fondamentali".
    "Privato" è andata in scena a Milano, ma si estende idealmente fino alla Sardegna. "Nella mia terra - sottolinea - le disuguaglianze dal punto di vista del diritto alla sanità, sono ancora più accentuate. La sofferenza non è più solo individuale, ma collettiva e di interi territori". Una ferita che Nicola Mette porta con sé ad ogni passo, in ogni suono metallico che riecheggia sulle strade della città. Il suo corpo non cerca di offrire risposte ma "di testimoniare, con un linguaggio muto e potente, la gravità di una crisi che non può più essere ignorata". (ANSA).
   

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