(di Francesca Brunati)
(ANSA) - MILANO, 28 OTT - Ciro, Giuseppe e Cristian sono in
cella nel carcere di massima sicurezza di Opera, in provincia di
Milano, con l'accusa di omicidio e una condanna che, per i primi
due è ergastolo e per il terzo un fine pena nel 2031. I tre
sono stati scelti fra 1300 detenuti per produrre
artigianalmente, con le loro mani che si sono macchiate di
sangue, ostie poi consacrate nelle chiese di tutto il mondo,
divenendo così il corpo di Cristo.
Così i tre protagonisti, che hanno imparato a impastare
l'amido, pressarlo negli stampi e ritagliare a mano le ostie in
un laboratorio di Opera, intraprendono un percorso fatto di
piccoli passi, di errori e di riconciliazione, non solo con la
società ma anche con il proprio passato.
"La particolarità è che, pur partendo da un copione - spiega
Daniele Pignatelli - la maggior parte delle cose sono avvenute
all'improvviso", mentre si stava girando, "e questo ci ha
obbligati ad una attenzione e concentrazione costante per poter
cogliere al volo qualsiasi momento importante: chi mai avrebbe
potuto prevedere che dopo solo sei mesi dall'inizio delle
riprese i nostri detenuti sarebbero potuti uscire per la prima
volta dopo anni per incontrare Papa Francesco? Ecco - aggiunge
il regista - questo modo di lavorare, realizzare, scoprire e
cambiare continuamente il film 'facendolo' ha reso anche noi
stessi non solo testimoni ma anche quasi co-protagonisti".
Insomma, il film porta sul set tre detenuti che sono
riusciti a realizzare un duplice sogno: da un lato donare le
ostie da loro preparate a Papa Francesco ed essere ricordati da
lui nelle sue preghiere, dall'altro riuscire a raccogliere i
frutti di un percorso di riscatto. (ANSA).
Io Spero Paradiso, i tre detenuti e le ostie per Papa Francesco
Un film su una storia vera, dal carcere di Opera al Vaticano