Lombardia

Alessandro Impagnatiello condannato all'ergastolo per l'omicidio di Giulia Tramontano

Sentenza della Corte d'Assise a Milano, la vittima era incinta

Redazione Ansa

 Alessandro Impagnatiello è stato condannato all'ergastolo e a tre mesi di isolamento diurno per aver ucciso a coltellate la fidanzata Giulia Tramontano, di 29 anni, incinta di sette mesi, il 27 maggio 2023 a Senago, in provincia di Milano. Lo ha deciso oggi la Corte di Assise al termine del processo di primo grado per omicidio volontario pluriaggravato, interruzione di gravidanza non consensuale e occultamento di cadavere. Impagnatiello all'ergastolo è detenuto nel carcere di San Vittore dal giugno del 2023. 

Non riconosciuta alcuna attenuante ed esclusa solo l'aggravante dei futili motivi, mantenendo quelle della premeditazione, della crudeltà e del rapporto di convivenza. La Corte ha anche riconosciuto il concorso formale tra l'omicidio e le altre due imputazioni di occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza non consensuale, applicando oltre all'ergastolo anche 7 anni di reclusione per questi ultimi due reati.

La Corte, inoltre, ha condannato Impagnatiello, impassibile durante la lettura del verdetto a fianco delle sue legali, a risarcire con provvisionali da 200mila euro ciascuna il padre e la madre di Giulia e con 150mila euro a testa il fratello e la sorella della vittima. Dai giudici è arrivata anche una più dura pronuncia sull'isolamento, calcolato in tre mesi.
Anche la famiglia di Giulia, in questi mesi, aveva sempre chiesto che l'ex barman fosse condannato all'ergastolo, l'unica pena "giusta" per lui, come avevano ribadito in più occasioni. 

 

Video Uccise la compagna Giulia Tramontano, Impagnatiello condannato all'ergastolo

 


 Tutti i familiari di Giulia si sono abbracciati e hanno pianto dopo la sentenza. In particolare la madre della 29enne, Loredana Femiano, subito dopo il verdetto è scoppiata in lacrime ed è stata abbracciata dal marito Franco, dalla sorella di Giulia, Chiara, e dal fratello Mario. 

I familiari di Giulia Tramontano hanno preso parte a un flashmob organizzato o dal comitato per pari opportunità dell'ordine degli avvocati fuori dal Palazzo di Giustizia di Milano per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. I parenti, dopo la lettura della sentenza di condanna all'ergastolo per Alessandro Impagnatiello, si sono schierati davanti a uno degli ingressi del palazzo con uno striscione con la foto di Giulia. "A Giulia e Thiago", si legge. "Il vostro nome risuonerà nel tempo, tra le mura del mondo e ricorderà all'uomo di saper lasciare andare, rispettare, proteggere, custodire, accudire o semplicemente amare. Saremo sempre con voi, mano nella mano, la vostra famiglia. Mai più violenza". Presenti la madre Loredana Femiano, la sorella Chiara Tramontano e il fratello Mario.

"Questo caos che lei ha creato - ha detto Chiara, la sorella di Giulia - è l'opposto di quello che avrebbe voluto. Lei entrava in punta di piedi nella vita delle persone. Lei era rara: anche nel momento in cui il suo cuore era distrutto ha pensato a un'altra donna che poteva aver vissuto la stessa situazione. Era presente, ma mai rumorosa. Era silenziosa. Quando sei così sensibile in questo mondo violento, sei la preda per il leone. Giulia è tutto questo, un'anima gentile".

 "Non abbiamo mai parlato di vendetta - ha detto Loredana Femiano, mamma di Giulia - non esiste vendetta. Abbiamo perso una figlia, un nipote, abbiamo perso la nostra vita. Io non sono più una mamma, mio marito non è più un papà, i nostri figli saranno segnati a vita da questo dolore".  "Quello che abbiamo perso - ha aggiunto il padre Franco - non lo riavremo mai. Oggi non abbiamo vinto, abbiamo perso in tutto".

"Abbiamo sempre ritenuto l'ergastolo l'unica sanzione possibile" ha detto l'avvocato Giovanni Cacciapuoti, legale di parte civile dei familiari di Giulia Tramontano, commentando la sentenza. Il legale ha spiegato ai cronisti che la madre della 29enne è scoppiata "in un pianto liberatorio" dopo il verdetto, "perché al di là del dolore immenso che prova, ricevere formalmente il riconoscimento del massimo della responsabilità, secondo quella che è la giustizia degli uomini, per lei e gli altri familiari è una consolazione relativa, perché evita almeno una beffa". Beffa "che noi - ha aggiunto l'avvocato - non abbiamo mai preso in considerazione, perché sia le indagini che il processo deponevano in maniera univoca verso la condanna all'ergastolo".

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