(ANSA) - MILANO, 31 LUG - Da piccola media impresa a grande azienda familiare. In un mondo in cui la competizione internazionale è sempre più dominata dalle grandi imprese, studiare i fattori che influenzano la crescita aziendale è cruciale.
In Italia la maggior parte delle Pmi sono familiari, così alcuni ricercatori della Liuc - Università Cattaneo e dell'Università di Jönköping (Svezia) si sono chiesti se e in che modo la presenza della famiglia nella proprietà, nel CdA e nella leadership rappresenti un freno o un motore per questo passaggio. Lo studio intitolato "Does family power drive the size transition of entrepreneurial family firms? A study on the growth of Italian manufacturing firms" è stato condotto da Sofia Brunelli, Luigi Vena e Salvatore Sciascia (rispettivamente Assegnista di Ricerca, Professore Associato e Professore Ordinario della Liuc) e da Lucia Naldi (Professoressa Ordinaria della Jönköping University).
Lo studio é stato pubblicato sul Journal of Small Business and Enterprise Development. I ricercatori hanno preso in considerazione le migliori 500 imprese familiari italiane identificate nel 2018 dall'Osservatorio AUB (AIDAF, Unicredit e Bocconi). Si sono focalizzati sulle manufatturiere e su quelle i cui dati di governance e performance erano pubblicamente disponibili per i 10 anni precedenti. Inoltre, hanno escluso quelle che 10 anni prima erano già grandi, pervenendo così ad un campione di circa 90 Pmi che in alcuni casi si sono trasformate in grandi imprese e in altri no. L'analisi ha rivelato che l'apertura del capitale e del CdA aumenta le probabilità di realizzare una transizione dimensionale, ma mantenendo il ruolo di amministratore delegato nelle mani della famiglia. Si conferma dunque l'importanza dell'apertura del capitale come leva di sviluppo, mentre si sfata il mito della leadership famigliare come zavorra della crescita. (ANSA).
Università Liuc, da Pmi a grande azienda familiare
Apertura capitale e Cda aumenta possibilità transizione