(ANSA) - ANCONA, 16 NOV - Con l'approdo domani al porto di
Ancona la Life Support di Emergency, alla banchina 19 verso le
14, sbarcherà 49 naufraghi soccorsi il 12 novembre nelle acque
internazionali della zona Sar maltese, nel Mediterraneo
Centrale. I 49 naufraghi, di cui 6 donne e minori non
accompagnati, erano partiti da Al-Zawiya in Libia e provengono
da Siria, Egitto e Bangladesh, paesi vittime di violenze,
insicurezza politica, povertà e disastri naturali aggravati
dalla crisi climatica.
"Dopo il soccorso le autorità italiane ci hanno assegnato per
lo sbarco dei naufraghi il porto di Ancona, che dista cinque
giorni di navigazione dalla zona dell'intervento - afferma
Domenico Pugliese, comandante della Life Support -. Le
condizioni meteo non sono favorevoli, vento e mare causano
disturbo alla navigazione e malessere alle persone soccorse. A
maggior ragione lo staff di Emergency continua a prendersi cura
dei 49 naufraghi a bordo che stanno presentando in particolar
modo sintomi da mal di mare. È la quinta volta che ci viene
assegnato un porto di sbarco nel nord del mare Adriatico, molto
distante dal luogo dove è avvenuto il soccorso - ricorda
Pugliese -: questo ci obbliga a restare lontani dalla zona
operativa nel Mediterraneo Centrale per più di una settimana. Le
navi da ricerca e soccorso dovrebbero essere in grado di
rimanere dove c'è bisogno di loro, invece che passare così tanto
tempo per raggiungere porti distanti".
"Da una prima valutazione effettuata subito dopo il
salvataggio - spiega Elena Mari, dottoressa a bordo della Life
Support - le persone presentavano disidratazione, mal di mare e
lesioni cutanee. Durante le visite realizzate nei successivi
giorni di navigazione è emerso che tre delle persone soccorse
sono diabetiche. Ovviamente fino a quando non arriveremo ad
Ancona continueremo a prenderci cura di tutti i naufraghi."
"Vengo da una città del sud della Siria, Idlib, un posto che
è stato molto colpito dalla guerra negli ultimi anni - racconta
un ragazzo di 32 anni-. Lavoravo come cameriere part-time e il
resto del tempo raccoglievo plastica in giro per la città per
portarla in uno stabilimento dove veniva riciclata. Questo mi
permetteva di mettere un po' di soldi da parte. Dopo anni di
bombardamenti costanti, lo scorso anno sono riuscito a
raccogliere il denaro per lasciare la città insieme alla mia
famiglia, siamo andati in un paese poco lontano da Damasco. Da
lì - prosegue - è iniziato il mio viaggio verso l'Europa
passando per la Libia. Ho passato 5 mesi ad Al-Zawiya in piccoli
appartamenti con altri siriani, anche 30 persone stipate in un
solo appartamento, ci spostavano due o tre volte al mese e non
potevamo uscire di casa. Durante questo tempo per due volte ho
provato ad attraversare il Mediterraneo, ma i libici ci hanno
ripresi e portati in una prigione e ci hanno detto che se non
avessimo pagato migliaia dollari ci avrebbero aperto la pancia e
ci avrebbero tolto degli organi da rivendere. Non era una
minaccia a vuoto, lo fanno davvero. Per fortuna sono riuscito a
pagare, ma questo fa capire che i libici vedono noi persone
migranti solo come merce. E questa è stata la cosa che mi ha
fatto più male, non la violenza fisica diretta, ma sentirmi dire
che il mio corpo era una merce, che la mia vita valeva solo
quanto avevo in tasca". (ANSA).
Ad Ancona tra i 49 naufraghi, 6 donne e minori non accompagnati
Soccorsi in zona Sar maltese il 12 novembre da nave di Emergency