Un divieto globale su quelle pratiche di intelligenza artificiale (IA) - dall’amplificazione della disinformazione alla sorveglianza di massa - che non solo non sono etiche, ma mettono a rischio la democrazia e i processi democratici. Per Thomas Schneider è questo il "chiaro segnale" che il Consiglio d’Europa (CoE) intende inviare con il nuovo sistema di regole in corso di negoziazione. Un armamentario normativo "arrivato alle battute finali" che “ha il potenziale per diventare il primo trattato mondiale” in materia, spiega all'ANSA, il presidente della Commissione IA del Consiglio d’Europa, incaricata di redigerlo. La maratona negoziale corre parallela a quella dell’AI Act, la legge europea sull’intelligenza artificiale, ormai prossima al traguardo. Due strumenti giuridici molto diversi che condividono lo stesso approccio e che fanno del Vecchio continente un laboratorio d’ispirazione per il resto del mondo. “La Convenzione quadro, elaborata in collaborazione paritaria dall’Ue e da Stati europei ed extra europei (Stati Uniti, Israele, Giappone, Canada, Australia, Argentina, Messico, Perù, Uruguay e Costa Rica) fornisce un ponte per la cooperazione globale tra l’Europa e gli Stati democratici di tutto il mondo su come utilizzare la tecnologia dell'IA in modo responsabile”, osserva Schneider. Diversi, tuttavia, sono ancora i nodi del negoziato da sciogliere. Tra questi, l’esenzione della sicurezza nazionale dall'applicazione del trattato. Sul punto, contestato anche dalle Ong, Schneider non si sbilancia, “in generale - osserva - va notato che deroghe di questo tipo sono delicate, ma talvolta necessarie anche nelle società democratiche”. Altra questione dibattuta è se le regole si estenderanno anche ai sistemi di IA sviluppati e utilizzati nel settore privato, oltre a quello pubblico. “La discussione verte su quanto le Parti possano essere legalmente obbligate ad adottare misure specifiche per regolamentare il settore privato e su cosa debba essere lasciato alla loro discrezione” chiarisce Schneider, evidenziando l’esistenza, in un contesto globale, di “molti approcci e tradizioni diverse nella regolamentazione del settore privato”. “A differenza dell’AI Act - fa notare infine - il progetto di Convenzione quadro si rivolge solo agli Stati, non agli attori privati”.
Leggi l'articolo completo su ANSA.it