Il Comune di Torino trascriverà l'atto di nascita del bambino con due mamme nato in Spagna grazie alla fecondazione eterologa. Per i registri dell'anagrafe sarà - primo caso in Italia - figlio di madre A e B. Questa la conclusione a cui l'Amministrazione comunale del capoluogo piemontese è giunta sulla base degli approfondimenti normativi e giuridici effettuati negli ultimi due giorni. Lo Stato civile del capoluogo piemontese eseguirà, quindi, il decreto della "sezione famiglia" della Corte d'Appello subalpina che, ribaltando la decisione del tribunale, ha accolto il ricorso della madre italiana.
"Da oggi questo bambino non può più essere considerato orfano in Italia - commenta uno dei legali della donna, Stefano Garibaldi - finalmente abbiamo garantito una maternità effettiva anche nel nostro Paese. Con questa decisione arriviamo a una situazione riconosciuta di fatto e di diritto". Le due donne si erano sposate in Spagna nel 2009. L'una donò gli ovuli per il concepimento, l'altra portò avanti gravidanza e parto. E il bimbo nacque nel 2011.
"Figlio matrimoniale" di una "Madre A" e una "Madre B", come attestò il Comune di Barcellona. Poi, nel 2014, la separazione. Entrambe, però, scelsero la condivisione della responsabilità genitoriale. E quando una delle due signore volle iscrivere il nome del piccolo all'anagrafe di Torino si sentì rispondere picche: l'atto era "contrario all'ordine pubblico italiano". Cominciò così la lunga partita di ricorsi sfociata nel decreto della Corte d'Appello. I giudici hanno dato il via libera (contro il parere della Procura generale di Torino) nel segno del "best interest" del bambino. "Ci sono molti aspetti pratici che dipendono da questa registrazione", è la posizione della madre italiana del bimbo. "In una situazione di emergenza - ha sottolineato - non potrei nemmeno autorizzare una trasfusione. Poi ci sono questioni di eredità, perché il bimbo non ha alcun vincolo legale con i suoi famigliari italiani".
"Di mamma ce n'è una sola e nessuna dichiarazione, anche trascritta, potrà mai sostituire questa realtà nel cuore di un figlio", è invece la tesi dell'arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, che ha commentato la vicenda "con dolore e preoccupazione". "Se è vero che l'interesse primario da tutelare è quello del minore, non si può non notare come certe situazioni 'limite' creino dei veri paradossi, giuridici ed esistenziali", ha sostenuto, contestando in particolare l'assenza di un vero contesto familiare" e la mancanza di "figure materne e paterne chiare, riconoscibili e presenti", nonché di "un contesto sociale, culturale e normativo che metta in esplicito collegamento i diritti degli individui con i doveri dei genitori e dei cittadini".
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