Piemonte

Un sibilo, la frustata e la cabina va giù, 14 vittime

La ricostruzione dell'incidente alla funivia del Mottarone

La cabina della funivia di Stresa

Redazione Ansa

Prima un sibilo simile al rumore di una frustata, poi un boato "pazzesco" e un altro, meno forte.
    Pochi secondi trasformano in tragedia quella che doveva essere una domenica di svago, con un clima quasi estivo e il Covid finalmente passato nelle retrovie. La funivia del Mottarone, che dal versante piemontese del lago Maggiore sale quasi in cima all'omonimo monte, precipita al suolo. Per lo schianto perdono la vita quattordici persone, tra i quali due bambini. Due anni dopo il terribile incidente la Procura di Verbania chiude le indagini sulla lunga sequenza di errori, omissioni e sottovalutazioni di chi doveva garantire la sicurezza dell'impianto. Ed ora per gli indagati, tra cui il direttore tecnico e il caposervizio ma anche Ferrovie del Mottarone e la Leitner che si occupava della manutenzione, si profila il processo.
    "È caduta una cabina della funivia di Stresa, in cima al Mottarone...non sappiamo esattamente dove. All'interno ci sono almeno sei persone, sicuramente gravissimi.. Che casino… che casino... che casino", dice affannata l'operatrice del 118 che lancia l'allarme poco prima dell'ora di pranzo di quel 23 maggio. A pochi metri dalla stazione di arrivo la fune traente si spezza e la cabina numero tre precipita all'indietro, superando i cento chilometri orari. Un proiettile che rimbalza all'altezza del primo pilone e vola via per una cinquantina di metri prima di schiantarsi tra gli alberi. La macchina dei soccorsi si mette subito in moto. Il bilancio parziale delle vittime si aggrava con il passare dei minuti.
    Tra le lamiere accartocciate ci sono cinque famiglie. L'unico superstite è il piccolo Eitan, all'epoca cinque anni appena, la mano sul cuore nell'ultima foto scattata sulla funivia prima del disastro. A salvarlo sarebbe stato l'abbraccio del padre, morto con la moglie, l'altro figlio e i nonni. Un estremo gesto d'amore che non servirà invece a proteggerlo, di lì a qualche settimana, dalla battaglia per il suo affidamento, con tanto di rapimento fino in Israele, terra d'origine dei suoi famigliari.
    I primi soccorritori arrivati sul posto descrivono una scena "infernale", "devastante", "indescrivibile", "apocalittica": i resti delle povere vittime e di quello che avevano portato con se per trascorrere qualche ora in vetta e godersi la vista mozzafiato del Monte Rosa da un lato e delle Isole Borromee dall'altro, sono sparsi ovunque lungo il pendio della montagna.
    In un baleno la notizia della tragedia fa il giro del mondo e suscita dolore anche nelle più alte cariche dello Stato. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, esprime "la partecipazione di tutta l'Italia alle famiglie colpite dal tragico incidente e alle comunità in lutto". Sentimenti a cui "si affianca - dice ancora il Capo dello Stato - il richiamo al rigoroso rispetto di ogni norma di sicurezza per tutte le condizioni che riguardano i trasporti delle persone".
    Un tema, quest'ultimo, su cui si concentrano fin da subito le indagini, condotte a spron battuto tra sopralluoghi, interrogatori a raffica. sequestri e analisi di documenti, e infine anche due perizie.. Decine e decine di faldoni che attendono ora di essere utilizzati per arrivare al primo verdetto sulle responsabilità dell'incidente. E dare così giustizia alle quattordici vittime i cui nomi sono ora scolpiti su una lapide posata nello stesso luogo in cui la cabina bianca e rossa ha finito la sua corsa.

Leggi l'articolo completo su ANSA.it