Piemonte

Teste chiave di Brandizzo: "L'ho detto per tre volte: i lavori non dovevano cominciare"

Lunga testimonianza in procura di chi era in sala controllo

L'omaggio alla stazione di Brandizzo

Redazione Ansa

"L'ho detto per tre volte: i lavori non dovevano cominciare perché era previsto il passaggio di un treno". La testimone chiave dell'inchiesta sulla tragedia di Brandizzo è una dipendente delle Ferrovie di 25 anni. E' lei che, dalla sala controllo di Chivasso, la sera del 30 agosto si è tenuta in contatto con il collega sul posto. Ed è lei, secondo quanto risulta dalle telefonate acquisite dagli investigatori, ad avere lanciato quegli avvertimenti rimasti inascoltati. La giovane donna, trasferita a Chivasso dopo un primo periodo ad Alessandria con il sogno di raggiungere prima o poi una sede in Valle di Susa, dove abita la famiglia, ha trascorso l'intera giornata in procura a Ivrea.

La sua deposizione é considerata molto utile per chiarire i contorni dell'incidente costato la vita a cinque operai. Ma non solo. Bisogna districarsi in una selva di regolamenti, procedure, termini tecnici.

Sono tanti gli aspetti che interessano i magistrati. Capire, per esempio, se in quel tratto della linea ferroviaria era operativo il Cdb, un complesso meccanismo di sensori e circuiti elettrici che segnalano la presenza di rotabili sui binari. O se è vero che ci sono dei casi in cui gli operai cominciano i lavori in anticipo per evitare alle loro aziende di pagare salatissime penali.

I pubblici ministeri hanno acquisito una gran quantità di documenti e messo sotto sequestro tutto il materiale che sono riusciti a recuperare sul luogo dell'incidente, compresa l'attrezzatura che maneggiavano le cinque vittime. Accertamenti complicati e di vasto respiro, condotti da una procura che da tempo è in sofferenza per le gravi carenze di organico.

"Inchieste come questa richiedono tempo e da noi durano anche di più perché siamo pochi", dice il capo dell'ufficio, Gabriella Viglione. Una situazione nata una decina di anni fa con la riforma della geografia giudiziaria Italiana: il territorio di competenza attribuito al tribunale Ivrea moltiplicò la sua estensione arrivando alla birra il confine con Torino.

Ma oggi, nonostante i recenti innesti di magistrati, si stima che su ciascun pubblico ministero pesi un carico di circa duemila fascicoli. Le unità di polizia giudiziaria sono otto anziché 20 e il personale amministrativo è ridotto al lumicino.

 

Nell'inchiesta sull'incidente di Brandizzo sono numerose le persone ascoltate. E' passato anche Antonino Laganà, fratello di Kevin, la più giovane delle vittime, nonché suo collega di lavoro all'impresa Sigifer di Borgo Vercelli. La sua audizione è stata rinviata a mercoledì. Da Palazzo di giustizia è uscito mano nella mano con il papà e indossando una t-shirt su cui era stampato il volto del fratello.

Le famiglie dei cinque operai deceduti sono state invitate a fornire elementi che possono portare al riconoscimento dei corpi: tatuaggi, arcate dentarie, qualunque cosa. Solo in seguito potrà essere concesso il nullaosta per i funerali. "Di tempistiche - spiega l'avvocato - Enrico Calabrese, legale dei parenti di Kevin Laganà - non ce ne sono. Ma è comprensibile. L'impatto con il convoglio ha avuto gli effetti che tutti possono immaginare. L'autopsia è inutile e l'estrazione del dna è molto complicata".

Nel procedimento gli indagati (per omicidio e disastro ferroviario in forma di dolo eventuale) sono due. Il primo è Antonio Massa, quarantasei anni, il tecnico di Rfi addetto alla scorta del cantiere di Brandizzo. Per ora ha un legale di ufficio, Alessandro Raucci, il quale afferma che " Siamo appena all'inizio e c'è la presunzione di innocenza". Il secondo è Andrea Girardin Gibin, 52 anni, capocantiere della Sigifer: Quella sera si è salvato tuffandosi di lato alla vista del treno. Ha un difensore di fiducia, L'avvocato Massimo Mussato, che lo descrive come "molto provato e addolorato".
   

Leggi l'articolo completo su ANSA.it