Piemonte

Repole, "non chiudiamo gli occhi sulle nuove schiavitù"

Arcivescovo: "Una persona non può essere il fine di un'altra"

Redazione Ansa

(ANSA) - TORINO, 24 GIU - "Mai come in questo tempo si sta verificando il pericolo che le donne e gli uomini vengano percepiti non più come fine di tutta la realtà economica, lavorativa, sociale e politica, ma come strumenti, come mezzi. E allora c'è bisogno di ritrovare gli occhi di Dio su di noi".
    Cita Kant nella sua omelia alla messa per San Giovanni, parlando anche di nuove schiavitù, l'arcivescovo di Torino, monsignor Roberto Repole che ammonisce "una persona non può essere il fine di un'altra persona, è un fine in sé e su questo, a volte, non siamo così vigili".
    "Viviamo un tempo di sviluppo tecnico che non si è mai verificato nella storia - aggiunge l'arcivescovo -, questo a volte ci impaurisce, perché non sempre siamo padroni della tecnica che produciamo e che a volte ci rende strumenti e mezzi". Mons. Repole prosegue: "qualche volta rabbrividisco un po' pensando che rimaniamo sconcertati dal fatto che nella vicenda della nostra umanità ci sia stata la schiavitù e che forse non abbiamo gli stessi occhi lucidi per vedere le schiavitù di oggi, anzi, che qualche volta alcune ideologie sono così potenti e annebbianti da non farci vedere le nuove schiavitù". Monsignor Repole cita, ad esempio, il mondo del lavoro, "dove quelli che lavorano lavorano sempre e chi non lavora non ha l'accesso alla possibilità di mantenere con dignità se stesso e la propria famiglia. E penso anche ad altre questioni etiche - aggiunge -. Ci abituiamo a pensare che il progresso tecnico è anche umano, ma chi l'ha detto? Quando pensiamo per esempio che la vita di una persona possa essere lo strumento per far felice un'altra persona. Ci sono delle ideologie rispetto a cui rimaniamo un po' miopi - conclude - e se non ritroviamo le altezze che la nostra cultura moderna ci ha consegnato penso che faremo grandi progressi tecnici ma saremo costretti a grandi impoverimenti umani. Io ho fiducia che invece gli uomini possano costruire qualcosa di bello". (ANSA).
   

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