(ANSA) - TORINO, 29 OTT - I torinesi sono sempre più
preoccupati dalla crisi in cui versa la sanità pubblica. La
maggioranza non la ritiene più in grado di rispondere, da sola,
a tutti i loro bisogni in fatto di salute.
Dalla rilevazione è emerso come quasi due torinesi su tre
(63%) pensino che il sistema sanitario nazionale - allo stato
attuale - non sia più sufficiente per i loro bisogni sanitari e
di cura. Il dato è in aumento rispetto all'anno scorso, quando
solo la metà (50%) aveva dichiarato di ritenere la sanità
pubblica non più adeguata a coprire tutte le proprie esigenze.
Significativo anche il calo della percentuale di torinesi che si
dicono soddisfatti delle cure ricevute nel pubblico, scesa al
41% rispetto al 56% del 2023.
Nonostante ciò, i cittadini torinesi sono consapevoli del ruolo
centrale del sistema sanitario nazionale nel sistema di welfare
del Paese, con il 51% che dice di avere comunque ancora fiducia
nella sanità pubblica, e oltre uno su tre (38%) che continua a
ritenerla una delle migliori al mondo. Rispetto al periodo
pre-pandemia Covid-19, un intervistato su sei (17%) nota un
maggior ricorso nel pubblico ai servizi di telemedicina e
teleconsulto: un sostegno da parte della tecnologia che viene
visto con favore, tanto che il 66% vorrebbe un maggior uso di
soluzioni tecnologiche per l'assistenza a distanza. I tempi di
erogazione delle prestazioni restano il problema principale
riscontrato dagli intervistati, con l'88% che li considera
eccessivi. L'85% del campione, inoltre, ritiene che rispetto a 5
anni fa i tempi di attesa si siano allungati, e di conseguenza
puntare a ridurli (71%) e fornire maggiori disponibilità di date
e orari (46%) sono i due aspetti più importanti su cui
intervenire per migliorare il sistema sanitario nazionale.
Quattro torinesi su cinque (78%) sostengono che il numero di
medici e infermieri in forze al Servizio sanitario nazionale sia
inadeguato rispetto alle esigenze dei cittadini. (ANSA).
Cresce la preoccupazione dei torinesi per la sanità pubblica
Osservatorio Sanità di UniSalute, la metà ha fiducia