Una sola condanna a sei anni di reclusione per violenza sessuale di gruppo ha chiuso il processo in Corte d'assise a Novara, per il caso della cosiddetta psicosetta delle bestie, i cui adepti erano accusati di attirare con stratagemmi psicologici ragazze per abusarne, attribuendo a loro stessi nomi di animali. Teatro risulta il Novarese, in particolare una villetta a Cerano.
La condanna riguarda Barbara Magnani, 53 anni da compiere, assolta invece per un altro episodio di violenza e che vede prescritto il reato di libidine. Altri quattordici imputati sono stati assolti da episodi di violenza di gruppo e nove di loro hanno avuto la stessa prescrizione, che riguarda anche gli altri undici imputati. Altri due erano deceduti negli anni in cui si è svolta la vicenda giudiziaria. Il processo, tutto a porte chiuse, era iniziato nel febbraio del 2023 e si è concluso oggi per i ventisei imputati, accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù e alle violenze.
Le vittime elencate nei capi d'accusa erano una decina. La pm Silvia Baglivo aveva richiesto pene dai sette ai diciotto anni: le più alte per le tre presunte organizzatrici, una delle quali ex convivente del presunto capo, Gianni Maria Guidi, 79 anni, milanese, detto il "dottore" o il "professore" per la sua laurea in farmacia, deceduto il 15 marzo del 2023, la cui posizione era stata stralciata: una perizia medica aveva certificato l'impossibilità ad affrontare il dibattimento. Per i partecipanti agli incontri, accusati anche degli abusi sessuali, a vario titolo sono stati chiesti quindici anni, dodici anni e dieci anni.
Per gli altri pene da sette a nove anni. Era stata richiesta la prescrizione per due uomini e il sequestro preventivo di tutti i beni mobili e immobili appartenenti alla setta. "Sarà importante - ha sottolineato la pm dopo la sentenza - leggere le motivazioni della sentenza. Penso che presenteremo appello. È importante che ci sia stata comunque una condanna per la violenza sessuale di gruppo. Sono poi stati riconosciuti i reati, anche se risultano prescritti. Hanno escluso l'aggravante della riduzione schiavitù". In aula c'erano tre delle ragazze che avevano raccontato il clima esistente nella villetta nei boschi del Ticino, dove il "professore" a tratti soggiornava. Alla lettura della sentenza, due sono scoppiate in lacrime. La denuncia di una donna aveva dato inizio all'operazione Dioniso della polizia di Stato, che nel luglio 2020 aveva portato alla scoperta della psicosetta, con base operativa a Cerano e diramazioni in Lombardia a Milano, nel Pavese, e in Liguria. La donna che aveva fatto partire la denuncia era entrata nella setta a 7 anni, portata da una zia, e ne era uscita nel 2010. Nel 2018, col supporto di un'associazione di Cuneo, la decisione di denunciare.
Leggi l'articolo completo su ANSA.it