Regole di ferro che non potevano essere trasgredite, pena l'ennesima umiliazione. Regole assurde, che andavano dal divieto di stare in pigiama in casa la domenica "perché era segno di pigrizia" a quello di bere zabaione o vin brulè, "perché è un atteggiamento da vecchi".
Un clima di umiliazioni e prevaricazioni continue in cui una donna ha dovuto vivere per anni, vittima dei soprusi del marito, un manager del Torinese, che il 10 settembre scorso è stato condannato a tre anni di reclusione, sostituiti con detenzione domiciliare, per stalking, maltrattamenti, danneggiamento e accesso abusivo alla mail della ex.
Nelle motivazioni del tribunale di Torino, firmate dal giudice estensore Milena Chiara Lombardo, c'è in pratica l'elenco di quelle 'norme': non sprecare le briciole quando spezzi il pane, non appoggiare i gomiti sul tavolo, del salame mangiare anche la buccia, chiudere sempre la porta del bagno. E ancora: il divieto di mangiare carne di cavallo al sangue e quello di mettere il liquore sul gelato.
Imposizioni che tratteggiano, secondo il tribunale, "l'atteggiamento controllante, umiliante e aggressivo" dell'uomo.
La vittima aveva raccontato in aula quell'incubo, da cui era uscita solo grazie al suo coraggio di denunciare il manager.
"Continui erano poi i riferimenti al fatto che era 'grassa', motivo per cui non poteva fare degli spuntini tra pranzo e cena", si legge ancora nelle motivazioni. Spesso i maltrattamenti sfociavano nelle percosse.
I due, dopo un anno di fidanzamento, si erano sposati nel 2002. Nel 2021 il rapporto di convivenza cessò, ma il manager diede vita allo stalking terminato nel 2022 quando fu disposto il divieto di avvicinamento.
La procura di Torino aprì d'ufficio un'inchiesta, dopo che era arrivato un referto medico da un pronto soccorso. La donna versava in uno stato di prostrazione psicologica tale che all'inizio non aveva capito come mai era stata contattata da un centro antiviolenza. Infine decise di denunciare il marito.