Essere donna non ha sempre avuto lo stesso significato, nella storia. L’universo femminile ha subito nel tempo profondi cambiamenti da un punto di vista sociale, umano e culturale: negli ultimi secoli, soprattutto, sono state tante le lotte delle donne per poter individuare e affermare il proprio ruolo nella società. Molteplici sono stati in questo senso gli ostacoli, tanto che è proprio al femminile che sono stati associati più da vicino concetti malvagi, maliziosi, quali per esempio la pratica della stregoneria. Oggi questo pullulare di luoghi comuni è superato, ma fino a poco tempo fa credenze del genere erano ancora vive, al punto che certe donne venivano tenute ai margini o viste di cattivo occhio. Cosa c’era dietro queste convinzioni? Si trattava davvero di pratiche oscure e spaventose? Il romanzo d’esordio di Rosangela Policastri, La Trama dell’Universo, pubblicato per il Gruppo Albatros il Filo, scava tra le radici dell’universo femminile nel tentativo di ricostruirne un archetipo, situandolo nel chiuso e contraddittorio sud del primo Novecento.
“Questo libro nasce per caso e per gioco. Ho scritto per sviluppare un archetipo femminile, poi mi è piaciuto così tanto che ci sono caduta dentro. Il mio punto di partenza è stata la storia di Amaterasu, la dea giapponese del sole, della luce e della fertilità, la tessitrice della trama dell’Universo” svela l’autrice ai microfoni di #Librindiretta, il format di approfondimento letterario in diretta su Conoscere TV. Policastri spiega il mito della dea che, frustrata a causa dei dispetti del fratello, si nasconde in una grotta, sicura che qualcuno potrà sostituirla. Il mondo senza di lei va in rovina, tutti la cercano e quando riescono a farla uscire dal suo nascondiglio lei rimane abbagliata da una grande luce: la sua. Gli altri dèi avevano posizionato uno specchio davanti all’ingresso della grotta, così che finalmente potesse vedere che il suo valore non poteva essere messo in dubbio per alcuna ragione. “Ho voluto ricalcare questa storia nell’Italia del 1920 scegliendo come protagonista una donna ancora influenzata da situazioni pesanti, difficili da affrontare e scrollarsi di dosso. Noi siamo l’ultimo anello di una serie di donne che hanno rinunciato a lungo alla propria personalità, né avevano possibilità di esprimere il loro punto di vista. La Brigantessa era una di queste”.
La Brigantessa è la protagonista indiscussa di questo romanzo, un personaggio ruvido e denso che non ha più paura di parlare e dire le cose come stanno. Poco le importa del giudizio delle persone, nel tempo si è appropriata a modo suo di quel diritto di parola che le era stato negato su più livelli: come donna e analfabeta, infatti, la libertà di espressione era un traguardo che le sembrava precluso. È per questo che trova una soluzione scegliendo di comunicare a modo suo, nel suo italiano influenzato dai dialetti del sud, una lingua mista tra calabrese, salentino e termini riadattati direttamente dall’autrice. Controparte di questo personaggio legato alla terra, ricco tuttavia di una saggezza e una capacità pratica notevolmente superiori alla media è Lucia, una giovane che, quando la incontriamo per la prima volta, è intenta a studiare il programma di greco del quinto ginnasio con una dedizione che quasi non le lascia percepire la fatica: ha un obiettivo chiaro in mente, ed è quello di essere ammessa al liceo di Napoli. Niente e nessuno l’avrebbe distolta dal suo intento, ma il destino aveva altri piani per lei. In un tempo in cui il matrimonio era ancora in larga parte un contratto, una compravendita a tavolino condotta dagli uomini e in cui le donne erano poco più che merce, Lucia viene improvvisamente costretta a sposare un uomo diverso da quello di cui lei era innamorata. Inoltre, sebbene la giovane sperasse che il suo innamorato lottasse per lei, per difendere il loro amore, rimane delusa amaramente. È proprio per far fronte alla disperazione di Lucia che interviene la Brigantessa, per portarla alla “fiumara” prima che fosse troppo tardi.
“In realtà a esprimersi è una sola donna, ma divisa tra Yin e Yang, bianco e nero. Tante sono le diversità tra le due, ma l’una apprende dall’altra” aggiunge l’autrice, spiegando il rapporto tra le due donne del romanzo “hanno bisogno di questo confronto per crescere. Se è la Brigantessa a dare il ritmo e iniziare Lucia alla pratica della danza, allo stesso tempo viene influenzata da questa giovane ribelle purtroppo ancora piena di frustrazioni”.
La danza diventa in questo senso un vero e proprio strumento, tanto che grazie ad essa entrerà a far parte di un società segreta di donne, custodi di un sapere ancestrale, trasmesso soltanto tra persone considerate degne e fidate. Tanti saranno a quel punto i simboli, le formule e gli strumenti che la giovane dovrà imparare a conoscere e padroneggiare, muovendosi sempre a cavallo tra il sacro e il profano. Come già accennato in precedenza, però, l’opinione comune è solita tacciare immediatamente queste abilità come stregoneria, lasciando ricadere un’opinione negativa sulle donne che le conoscono e le praticano. “Un termine prettamente maschile”, così l’autrice definisce questa parola tanto stigmatizzata, chiarendo che si tratti piuttosto di rituali con una finalità, tali da poter alleviare la vita di chi li pratica, anche nelle situazioni più complicate. Il supporto reciproco tra le donne di questa comunità, inoltre, è prezioso perché la donna non sia relegata a una posizione di isolamento – cosa che invece accade a Lucia quando giunge alla casa del marito, finendo emarginata dalla suocera e dagli altri personaggi femminili che gravitano attorno alla tenuta – ma per farla sentire più forte, sostenuta e protetta nella risoluzione dei problemi.
È una società sommersa quella narrata da Rosangela Policastri nel suo romanzo, che si pone in contrapposizione con quella ufficiale, quasi a costituirne uno specchio, ma più autentico. Se infatti nella società degli uomini vincono la violenza, l’individualismo, la codardia, il denaro e lo sfruttamento sconsiderato delle risorse, la realtà specchiata delle donne vede predominare il mutuo aiuto, la resistenza, il coraggio, i sentimenti e il rispetto per le creature e per la Madre Terra. Percepiamo dunque una spinta creativa che si contrappone a quella distruttiva del mondo per come lo conosciamo, semplicemente perché questa agisce in funzione di un bene più alto, che permette di entrare in contatto diretto anche con un mondo altro, quello ultraterreno. La spiritualità viene percepita, infatti, non come un concetto astratto e intangibile, al contrario: il contatto con il divino è forte e concreto, come anche il dialogo tra i piani dell’esistenza. È proprio in questa preziosa interconnessione che prende vita la cornice stessa del racconto, attraverso un evento iniziatico che porterà un’altra donna verso “la comprensione delle cose”.
Un filo dopo l’altro la trama dell’Universo si slega e al tempo stesso si riallaccia, realizzando un’infinità di forme sempre nuove, tutte originate dalla stessa matrice. Nel compito di raggiungere questa consapevolezza più alta, di un più profondo senso del vivere, si situa la maggior parte dei personaggi femminili di questo romanzo, animati dal ritmo danzante delle parole e da quella gioia di vivere che non bisogna mai smarrire. Forti e fragili, austere e leggere, còlte o poco istruite, le donne di Policastri sono come l’energia tellurica della tarantella che sale dal di dentro e cancella tutto il resto al suo passaggio: capaci di avvolgere il lettore e portarlo con sé per sentieri sorprendenti e mai percorsi.
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