Le stazioni, nodi di connessione tra luoghi distanti, sono spazi in cui l’atmosfera si colora di emozioni diverse: sono teatri di incontri a lungo desiderati e di separazioni dolorose, dove il movimento costante delle persone si fonde con l’immobilità degli edifici. In questo contesto, la solitudine diventa una compagna silenziosa, avvolgente. Di sera, quando il viavai si dirada, nel silenzio della stazione di Borgo Scrivia, in Piemonte, c’è un uomo seduto su una panchina, con lo sguardo perso oltre l’orizzonte. Immagina che oltre l’ultima curva ci sia il paese lucano in cui è nato e cresciuto, quasi spera di poterlo raggiungere senza sforzi, in un battito di ciglia. Nino Genna, questo il nome dell’uomo, ha ormai più di sessant’anni e si è trasferito al Nord subito dopo la laurea per insegnare italiano in una scuola elementare. Ha seguito i suoi sogni, ma soprattutto di domenica lo assale una nostalgia malinconica che non sa combattere. Pronto ad arrendersi al suo animo inquieto, l’uomo viene però sorpreso da un incontro: l’arrivo di una nuova bambina nella sua classe. Si chiama Fatima, ha nove anni, viene dal Sud Sudan e conosce soltanto poche parole in italiano. Nel petto del maestro si riaccende la scintilla della sua missione di docente, ma presto scoprirà di dover fare i conti con una sfida di integrazione molto più grande di quanto avrebbe mai immaginato.
Nino Genna è il protagonista del libro “Sono tristi, di sera, le stazioni”, il nuovo romanzo di Antonio Schiavo per il Gruppo Albatros il Filo. È una storia sorprendente di solidarietà e coraggio, un invito a non rimanere ciechi di fronte alle ingiustizie, un incitamento a prendere la parola e farsi parte attiva del cambiamento. Antonio Schiavo, dopo una lunga carriera come dipendente pubblico, è oggi insegnante di italiano a stranieri. Il suo libro nasce proprio dal confronto con i suoi studenti e le sue studentesse, con le storie che gli sono state raccontate e che lo hanno spinto a documentarsi, a riflettere in maniera trasversale sulla condizione della donna nelle diverse culture.
Il microcosmo della scuola è il teatro migliore per affrontare il tema dell’inclusione. Nei volti e nelle storie degli studenti si riflettono le diverse sfaccettature della società, creando un terreno fertile per la comprensione reciproca e la celebrazione delle differenze. È il clima che Nino Genna cerca di costruire sin dal primo giorno in cui Fatima siederà accanto ai suoi nuovi compagni di classe, offrendo sia a lei che agli altri bambini l’opportunità di sviluppare un senso di appartenenza e accoglienza. Il grande obiettivo del protagonista è riuscire a creare un ambiente in cui ciascun individuo si senta valorizzato e rispettato, un impegno costante di comprensione reciproca, in cui le differenze possano trasformarsi in occasioni di apprendimento e crescita.
Al di là della scuola, tuttavia, la vita è tutt’altro che semplice: ne è testimone Appoline, la madre della piccola Fatima, costretta a subire le attenzioni sgradite del suo datore di lavoro. La sua storia incarna quelle di migliaia di donne che quotidianamente vivono la stessa situazione e sono ridotte al silenzio, per paura di ripercussioni o di essere licenziate. L’indagine sulla sicurezza dei cittadini del 2016 di ISTAT ha permesso infatti di stimare che in Italia sono oltre un milione e quattrocentoquattromila le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. A questa tragica situazione si aggiunge un’altra faccenda particolarmente complessa, che avrà come obiettivo proprio il futuro della piccola Fatima: il padre ha deciso infatti che, una volta raggiunta l’età fertile, la bambina dovrà sottoporsi alla pratica dell’infibulazione.
L’infibulazione, una forma estrema di mutilazione genitale femminile, è una piaga che persiste in molte parti del mondo, legata a tradizioni e convinzioni culturali, che comporta l’asportazione parziale o totale dei genitali esterni femminili, causando gravi danni fisici e psicologici. Nel contesto globale, l’infibulazione è diffusa in diverse regioni dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia, ma essa è registrata, seppure in forma minore anche in alcuni Paesi europei, compresa l’Italia. Oggi l’OMS stima che siano più di duecento milioni le donne che hanno subito mutilazioni genitali nei Paesi in cui la pratica è più diffusa, per la maggior parte prima del compimento dei quindici anni di età. In Italia, secondo i dati confermati da Elisabetta Aldrovandi, garante della Lombardia per la tutela delle vittime di reato e presidente dell’Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, spiega che siano quattromilaseicento le bambine attualmente a rischio di infibulazione in Italia, un dato che ad oggi sembra essere fortunatamente in calo.
Nell’affrontare questa tematica, Antonio Schiavo racconta quanto le realtà più gravi, che forse noi riteniamo molto distanti dalla sensibilità del nostro Paese, ci tocchino da vicino e quanto sia necessario intervenire. Il più delle volte non è semplice decidere di farlo: lo stesso protagonista si ritroverà di fronte a un importante bivio, nel momento in cui gli sarà diagnosticata una grave malattia. Nino Genna dovrà quindi prendere una decisione: mettersi a riposo per evitare di peggiorare la situazione o continuare a combattere la sua battaglia per salvare Fatima dalla decisione del padre.
Come insegnante, Genna si ritrova a dover mantenere un delicato equilibrio tra la missione educativa e la responsabilità di tutelare il benessere dei bambini, spesso – come in questo caso – messo a rischio dalle situazioni complesse che si dipanano attorno a loro. Gli educatori più attenti si trasformano in guardiani silenziosi, pronti a intervenire per garantire la sicurezza e il benessere emotivo dei bambini, anche a costo di sacrificare il proprio equilibrio personale. Lo straordinario senso di responsabilità trasmesso da figure come quelle del protagonista mostrano quanto peso possano avere gli insegnanti nel percorso di crescita dei bambini e dei ragazzi, promuovendo certamente l’apprendimento, ma anche e soprattutto il valore dello stare insieme, del supporto reciproco, di una crescita emotiva che servirà a forgiare gli adulti di domani affinché siano più maturi e consapevoli.
“Sono tristi, di sera, le stazioni” è un romanzo denso, che si regge sulla forza dei legami e degli umani sentimenti. La sapienza narrativa di Antonio Schiavo ha restituito tridimensionalità ai personaggi, grazie alla sua capacità di immergersi nelle profondità delle loro riflessioni, nelle più intime confessioni, senza mai risparmiarsi. Il grande messaggio che traspare tra queste pagine è che ciascuno di noi ha tutti gli strumenti per fare la differenza, per opporsi alla barbarie e costruire una società migliore, più giusta. L’impegno del singolo può diventare un esempio per gli altri, essere fonte di ispirazione, muovere le coscienze anche nelle situazioni apparentemente più disperate. Ma per farlo, come il coraggioso Nino Genna, bisogna essere in grado di ascoltare il proprio cuore, di riconoscerne le parole e, infine, di seguirlo a qualunque costo.
Leggi l'articolo completo su ANSA.it