Cultura

“La medicina che cavalca la natura”, il futuro della medicina tra farmaci di sintesi e green

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Il concetto di medicina ha attraversato epoche e culture, evolvendosi e adattandosi di pari passo con le nuove scoperte e le necessità delle persone. La ricerca della cura è diventata una costante per l’uomo, forte del desiderio di alleviare il dolore e di migliorare la qualità della vita, inizialmente con fare incerto, poi con una consapevolezza sempre maggiore. Nel suo saggio, il Professore Bruno Silvestrini ripercorre i passi compiuti dall’uomo verso la formulazione di farmaci “di sintesi” sempre più complessi, analizzandone i benefici, ma anche i limiti. Allo stesso tempo, desidera direzionare l’attenzione dei suoi lettori verso un tipo di medicina che sia in grado di garantire all’organismo le sostanze essenziali per il suo funzionamento, così da mobilitarne le difese naturali. 
“La medicina che cavalca la natura” (Gruppo Albatros il Filo, 2024) è un saggio che mette in evidenza le caratteristiche dei cosiddetti farmaci “green”, atto a sdoganare i pregiudizi che la comunità scientifica ha maturato su di essi. Bruno Silvestrini, medico, farmacologo e accademico, padre di farmaci innovativi diffusi a livello internazionale, afferma con sicurezza che il farmaco di sintesi sia necessario quando le difese naturali non bastano, ma allo stesso tempo ne reputa innecessario o addirittura nocivo l’abuso, soprattutto là dove il farmaco naturale sia in grado di stimolare la naturale reazione del corpo, dunque a renderlo più forte e “autosufficiente”. 
Il lavoro di Silvestrini volto alla riscoperta di farmaci di origine naturale comincia negli anni Sessanta del secolo scorso, al culmine del fortunato percorso della medicina che, dagli anni Trenta in poi, aveva visto una rapida impennata nella creazione di farmaci di sintesi. Di conseguenza si era registrato un forte miglioramento della qualità della vita, oltre che il debellamento di numerose malattie. Il segnale d’allarme, racconta l’autore, è arrivato in relazione agli effetti collaterali della talidomide, un farmaco sintetico utilizzato dalle donne in gravidanza come antiematico e sedativo. “Le immagini dei neonati affetti da focomelia, con le manine direttamente attaccate al torace, hanno fatto il giro del mondo, suscitando un’enorme emozione. Poco dopo una famosa giornalista ha pubblicato Silent spring, che denunciava lo sconvolgimento degli equilibri ecologici causato dal Ddt, un pesticida impiegato in agricoltura per combattere gli insetti nocivi (Carson, 1962). […] Da allora i farmaci di sintesi sono stati sottoposti a un severo controllo preventivo che ne ha migliorato la sicurezza, ma pochi hanno inizialmente compreso la portata e il significato della crisi della quale essi erano l’espressione”, racconta l’autore nell’introduzione. Il saggio, dal taglio divulgativo, dunque accessibile a un ampio parterre di lettori, offre una serie di strumenti per approcciarsi a percorsi di cura più consapevoli, attraverso esempi, esperimenti e suggerimenti illuminanti. 
Nel primo capitolo, Silvestrini delinea il concetto di farmaco in tutti i suoi aspetti, che sia green o di sintesi. Nel descriverne le qualità, i limiti e le possibilità di utilizzo, lo definisce senz’altro come una delle espressioni più significative, ma spesso meno comprese della nostra civiltà. Esso infatti rappresenta non solo la cura dalle malattie, ma anche il ponte tra l’uomo e la natura, tra la scienza e la saggezza empirica. Attraverso la panoramica dell’autore, il lettore viene introdotto ai meccanismi attraverso cui i farmaci agiscono nel corpo umano, qualsiasi sia la loro natura. La parte centrale del libro esplora proprio il concetto di farmaco green, un approccio alla medicina che si basa sulla ricerca e sull’utilizzo di sostanze naturali per prevenire e curare le malattie. Da Ippocrate a James Lind, da Edward Jenner a Louis Pasteur, Silvestrini ci guida attraverso secoli di storia della medicina naturale, evidenziando quanto le conoscenze antiche siano ancora oggi rilevanti e applicabili nella medicina moderna. Con il termine “farmaci green” l’autore si riferisce prevalentemente alle vitamine, che contribuiscono al corretto funzionamento dell’organismo, e ai vaccini, i quali attivano le difese immunitarie contro le infezioni o altre aggressioni. Per avere un’idea concreta della loro efficacia, l’autore sottolinea come “I farmaci green sono gli unici ad avere debellato per sempre una malattia. Molti giovani medici non incontrano più, nell’intero arco della loro esistenza, un solo caso di scorbuto, malacia, rachitismo, anemia perniciosa, difterite, tetano, poliomielite. Il vaiolo è addirittura scomparso dalla faccia della Terra”.
Dall’altra parte si trovano i farmaci di sintesi, prodotti attraverso processi chimici e biotecnologici, per l’autore “assimilabili ai mercenari che soccorrono l’organismo in difficoltà combattendo le malattie al suo posto. Aiutano, alleviano i sintomi e in situazioni d’emergenza salvano la vita, ma non hanno sconfitto per sempre una sola malattia, anzi prendendo il posto dell’organismo tendono a esautorarlo e a comprometterne il funzionamento”. Ne individua due categorie: la prima, che comprende analgesici, antinfiammatori, antipertensivi, antidepressivi, antipsicotici e anticonvulsivanti, mentre alla seconda appartengono i chemioterapici, gli antibiotici, gli antitumorali e gli anticorpi. Nella sezione dedicata a questo genere di farmaci, Silvestrini esplora gli inizi dell’industria farmaceutica, i dilemmi etici legati ai test sugli animali e le nuove sfide della sperimentazione clinica. Sebbene infatti i farmaci di sintesi abbiano rivoluzionato il trattamento di numerose malattie, il loro impatto sull’ambiente e sulla salute è spesso oggetto di dibattito. Attraverso esempi, casi studio e l’utilizzo di una vasta bibliografia, l’autore offre una panoramica ampia e dettagliata riguardo allo stato dell’arte della farmacologia odierna, raccontando come, in diversi casi, sia stata comprovata una maggiore efficacia del prodotto green su quello di sintesi. Ciononostante, Silvestrini non dimentica mai di sottolineare anche il ruolo cruciale che questi ultimi giocano in situazioni di emergenza, come ad esempio nel trattamento di patologie complesse e particolarmente aggressive. 
Una sezione molto interessante è infine dedicata alla forza del placebo, al sesto capitolo del saggio. Esso “designa una preparazione farmaceutica priva di effetti intrinseci, ma capace in particolari circostanze di modificare la condizione del paziente facendo leva sulle sue risorse e difese interne” e riguarda entrambi i farmaci, sia green sia di sintesi. In questa circostanza Silvestrini spiega, attraverso la propria esperienza professionale, quanto somministrare al paziente un placebo possa spesse volte offrire un beneficio inaspettato e consistente, poiché è la mente, in questo caso, a compiere lo sforzo più grande. I risultati più significativi li registra nel caso degli antidepressivi, rispetto ai quali l’autore offre dei casi studio dai risultati impressionanti. 
Il libro si conclude con una riflessione sul ruolo del farmaco green come ponte tra le due anime dell’Homo Sapiens: quella che cerca di sottomettere la natura al proprio volere e quella che invece si sente parte integrante e custode dell’ambiente che lo circonda. Attraverso il lavoro di Bruno Silvestrini, il farmaco green si presenta dunque come un patto esemplare tra l’uomo e la natura, un modo per guarire sé stessi e il mondo che ci circonda. Con una combinazione di rigore scientifico, sapienza empirica e una visione olistica della salute, “La medicina che cavalca la natura” ci guida in un interessante percorso di conoscenza, per scoprire le potenzialità del nostro corpo e affidarci a esse con consapevolezza.
 

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