Cultura

"Diciassette ottobre": l'abisso umano nascosto tra le pagine di un thriller avvolgente

NEW LIFE BOOK

Certe storie si insinuano sotto la pelle: evocano ombre nascoste che abitano la mente e fanno riemergere il lato più oscuro dell’essere umano. In un paesaggio grigio, immerso in silenzi pesanti, la quotidianità diventa una maschera dietro la quale si celano segreti inconfessabili. Mentre la violenza si manifesta con brutalità impensabile, ci chiediamo davvero cosa definisca il confine tra il bene e il male, tra la superstizione destinata all’immaginario collettivo e la vita reale. Il romanzo thriller "Diciassette ottobre" mescola con maestria la calma apparente e l’irrompere dell’orrore, scavando tra le pieghe più recondite dell’anima per mettere in discussione le certezze e i confini morali. L’ambientazione apparentemente anonima di una cittadina romagnola diventa il teatro di un crimine così efferato da destabilizzare persino chi si occuperà delle indagini, trascinandolo in un crescendo di tensione e angoscia che non si scioglierà fino all’ultima pagina. 
"Diciassette ottobre" è il romanzo d’esordio di Dino Dazzani, pubblicato per il Gruppo Albatros il Filo. A condurre immediatamente il lettore nel cuore della vicenda è Liveri, un giornalista di provincia che si trova coinvolto in un’indagine su un duplice omicidio particolarmente cruento: da una prima analisi, tutto sembra ricondurre a elementi di rituali satanici. L’uomo, pur abituato a trattare con il lato oscuro della cronaca nera, dovrà affrontare una realtà inquietante, che sembra sfuggire a ogni logica razionale. Attraverso i suoi occhi, Dazzani riflette sulla fragilità dell’uomo di fronte all’abisso, quando deve fare i conti con un male che sembra inspiegabile. 
Liveri è un personaggio profondamente umano, lontano dagli stereotipi del detective infallibile o dell’investigatore eroico. Con le sue incertezze e i suoi dubbi, rappresenta l’uomo comune che si trova a dover fare i conti con un male che sembra essere senza senso e che, proprio per questo, lo terrorizza. Fin dalle prime pagine del romanzo, Dazzani costruisce un’atmosfera sospesa, avvolta dalla nebbia: la quotidianità imperturbabile del paese romagnolo, dai ritmi lenti e prevedibili, rende ancora più drammatico il contrasto con la violenza del crimine, creando una sensazione di crescente inquietudine. 
Liveri non sarà l’unica voce narrante: potremmo definire "Diciassette ottobre" un romanzo corale, espediente grazie al quale Dazzani ricostruisce una storia prismatica, a tratti caravaggesca, dove la profondità del reale può essere indagata soltanto nel contrasto di luci e ombre. Da una parte il giornalista, che sarà presto affiancato dall’amico e investigatore Collina; dall’altra, il portavoce di quel male viscoso dal quale sembra impossibile liberarsi. Lo sguardo di quest’ultimo è penetrante e sfacciato, i suoi pensieri e le sue parole oscuri, criptici. Dazzani incarna e dà voce a entrambi gli aspetti, alle dinamiche investigative e alla psicologia criminale: ogni dettaglio alimenta la tensione, le scene del crimine sono descritte con una precisione chirurgica che non scivola mai nel macabro. D’altronde, il vero punto focale dell’autore è l’anima dei personaggi, che viene indagata attraverso le sofferenze che la vita ha inflitto loro e soprattutto attraverso il modo che hanno di rispondere agli eventi, che determina la strada che sceglieranno di percorrere. 
Ogni personaggio è chiamato a confrontarsi con le scelte che plasmeranno il loro destino. Dazzani ne esplora le implicazioni morali e psicologiche, ben consapevole che siano proprio queste il vero campo di battaglia tra il bene e il male. Non si tratta soltanto delle scelte immediate, dettate dalle circostanze, ma di un processo più profondo e spesso sotterraneo, che coinvolge le radici stesse dell’identità di chi le compie. Il passato, infatti, tornerà a bussare con violenza alle porte dell’anima dei personaggi, riaprendo ferite mai del tutto rimarginate e che, questa volta, potrebbero non smettere di sanguinare. 
Dazzani riesce a intrecciare il piano dell’indagine poliziesca con una riflessione più profonda sulla natura del male e sull’umanità dei personaggi coinvolti. Liveri, che inizialmente affronta il caso con un certo distacco professionale, si ritrova progressivamente sempre più coinvolto sul piano emotivo. Le mutilazioni dei corpi, i simboli rituali tracciati col sangue delle vittime, tutto sembra alludere a una realtà che sfugge alla comprensione razionale. E così, l’indagine diventa anche un viaggio interiore, un confronto con le proprie paure più profonde e con il mistero del male.
Lo stile di Dazzani è asciutto e diretto: la sua prosa procede con un ritmo serrato, mantenendo alta la tensione e l’attenzione del lettore. Il dialogo prevale sulle descrizioni e apre una finestra sull'anima dei personaggi, sulle incertezze e le paure che li attanagliano e che emergono in modo naturale attraverso i loro scambi. Non mancano momenti ironici, scherzosi, che spezzano il ritmo della narrazione e permettono al lettore di prendere respiro per un attimo. La scelta della narrazione in prima persona, ma dal punto di vista di diversi personaggi, offre poi una visione sfaccettata degli eventi, una coralità narrativa che rafforza l’introspezione psicologica e crea un intreccio narrativo complesso e avvolgente. 
Il tema del satanismo e dei crimini rituali è trattato con grande abilità e precisione. Dazzani non cede alla tentazione di utilizzare questi elementi come espedienti narrativi sensazionalistici, ma li integra in modo organico nella trama, rendendoli parte essenziale del mistero che avvolge il duplice omicidio. I riferimenti ai simboli esoterici e alle pratiche occulte sono gestiti con misura, senza mai scivolare nel banale o nel caricaturale. L’elemento spirituale, d’altra parte, si intreccia profondamente con la riflessione su Dio e sulla fede. I personaggi cercano di comprendere il ruolo di Dio nel contesto di eventi così crudi e apparentemente privi di senso, ma nonostante attimi di smarrimento la fede viene proposta come una dimensione irrinunciabile: non mera consolazione, ma via per trovare la forza e le risposte nei momenti più bui.
Si apre, attraverso questi elementi, una riflessione sul confine sottile tra razionalità e superstizione, tra realtà e credenze oscure. Man mano che l’indagine prosegue, Liveri si trova a interrogarsi su cosa sia davvero il male e su quali forze possano spingere un essere umano a compiere atti tanto efferati. La violenza che ha di fronte non sembra avere una spiegazione logica o razionale, e questo lo porta a riflettere su tematiche più ampie e complesse, come la natura del male e il rapporto tra il crimine e la società.
L’ultimo capitolo del libro propone un salto temporale: si svolge sei mesi dopo i fatti, quando i personaggi si trovano a tirare le somme di quanto hanno vissuto. Dopo l’intensità degli eventi, il romanzo si chiude con un momento di apparente tranquillità, che mette al centro il più grande valore riscoperto dai personaggi: l’amicizia. Nella forza dei legami risiede la capacità di superare il dolore e la sofferenza, ma anche la capacità di ritrovare sé stessi. 
"Diciassette ottobre" si sottrae alle etichette di genere: è un labirinto narrativo dove il thriller è solo la superficie di un’indagine più profonda: quella sull’essere umano e sui suoi abissi. La suspense è il filo che guida il lettore attraverso una riflessione filosofica sul male, sull’ambiguità morale, e su quell'eterno dualismo che separa il bene dall'oscurità. Nulla è semplice, nulla è lineare: le ombre non oscurano, ma illuminano, poiché è nell’ombra che si coglie, per contrasto, la verità della luce

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