La taglia di $ 5.000.00 che pendeva sulla testa di Giuseppe Lo Porto ha contribuito a far scattare indebitamente la sua estradizione in America, pur essendo tornato da anni cittadino italiano?
Secondo gli atti del processo negli USA parrebbe di si, almeno è quanto riferisce il suo difensore, l’avvocato Luciano Faraon, che senza mezzi termini, afferma che questa sia la cifra pagata ad un funzionario del Ministero di Grazia e Giustizia come denunciato dalla nipote.
Ma facciamo un passo indietro e ripercorriamo velocemente la vicenda giudiziaria di Giuseppe Lo Porto:
Giuseppe LO PORTO, nasce in Libia da genitori siciliani e rimane in Libia fino alla espulsione di tutti gli italiani da parte di Gheddafi. In Libia collaborò come interprete con l’esercito USA, collaborazione continuo anche quando arrivò in Italia come profugo dalla Libia.
Emigrò quindi negli USA, sposò in ALABAMA una statunitense, divorziata, adottandone il figlio e la figlia come è prassi negli USA. Nel 1995, dopo che l’uomo divenne un facoltoso imprenditore, la moglie chiese il divorzio, denunciandolo per presunti abusi sessuali sulla figlia, iniziati cinque anni prima, a detta della signora, quando Kathrin aveva otto anni. Nei cinque anni precedenti non vi fu alcuna denuncia né alcun comportamento della bambina che adombrasse tali presunte violenze.
Fu incarcerato nonostante una perizia sulla parte lesa svolta in violazione di legge e senza alcuna possibilità della partecipazione di un perito di parte. La donna nel frattempo si appropriava di tutti i suoi beni, del valore all’epoca dei fatti di oltre un 3.000.000,00 di dollari.
Ottenuta la libertà su cauzione, Lo Porto ritorna in Italia, con l’ausilio di alcuni connazionali, dove viene arrestato e tratto davanti alla Corte d’Appello di Venezia per l’istanza di estradizione dagli USA. Incarcerato, in attesa della sentenza della Cassazione, le sue gravi condizioni di salute (una cardiopatia che impose il pacemaker), indussero la procura a concedergli la libertà vigilata.
In questo frangente il Lo Porto pubblica un libro “L’altra Faccia dell’America”, che narra delle sue esperienze negli USA. Poco dopo- secondo le sue dichiarazioni- un funzionario del Ministero di Grazia e Giustizia, con in mano una copia del suo libro, chiese all’uomo di annotare il proprio numero di cellulare sul frontespizio asserendo che gli avrebbe potuto evitare l’estradizione verso gli USA. Qualche giorno dopo Lo Porto riceve- sempre su sua dichiarazione- una richiesta in denaro di 150mila Euro, che lo mette in allarme e lo spinge a rifugiarsi in Olanda, dove viene raggiunto dalla richiesta di estradizione degli USA.
La Giustizia olandese sentenziò però che la richiesta di estradizione degli STATI UNITI era "inammissibile" per mancanza di prove, poiché gli unici elementi probatori, presentati dalle autorità statunitensi, risultavano “viziati da assenza di garanzie”.
LO PORTO rientra in Italia il 20 dicembre 2010, presumendo che non vi fosse pendente alcun provvedimento di estradizione. Rientrato in Italia, Il 7 maggio 2012, viene arrestato quale “cittadino statunitense latitante”, dai carabinieri di Pieve di Cadore per la medesima richiesta di estradizione già respinta dalla Giustizia olandese di MIDDELBURG.
Due settimane dopo il suo arresto, nonostante le gravi condizioni di salute, viene imbarcato su un aereo verso gli Stati Uniti, con un passaporto che lo attestava, falsamente, cittadino statunitense: una extraordinary renditio, viene quindi incarcerato senza processo in una cella dell’ALABAMA.
“Dagli atti -afferma il legale di Lo Porto, l’avvocato Luciano Faraon – e dai numerosi processi subiti da Lo Porto risulterebbe che il tutto è stato organizzato in suo danno dalla moglie in sede di divorzio. Tutta la documentazione avrebbe dovuto acquisirla come da prassi, per rogatoria il Pubblico Ministero italiano il quale, invece, ha ritenuto di archiviare il procedimento penale. Questo modus operandi – continua Faraon- in sede penale ha determinato la carcerazione di un cittadino italiano, Giuseppe Lo Porto, nonostante lo stesso non fosse più cittadino americano come dimostrano gli atti prodotti”.
Ma cosa ha comportato l’anticipazione dell’estradizione di Giuseppe Lo Porto?
“Di fatto- ci spiega lo studio Faraon -, si è impedito allo stesso di comparire avanti al Tribunale del Riesame di Venezia per l’udienza fissata 3 giorni dopo l’avvenuta estradizione, violandone quindi il suo diritto alla difesa, diritto costituzionale.
Il Ministero di Giustizia era a conoscenza, sin dal 10 maggio 2012, che Giuseppe Lo Porto aveva riacquistato la cittadinanza Italiana con decorrenza 25 maggio 2006, e quindi aveva l’obbligo di revocare il decreto di estradizione nei confronti del medesimo perché emanato con decorrenza dl 26 giugno 2006 sul presupposto che lo stesso fosse cittadino statunitense e non cittadino italiano.
Risulta pertanto illegittima l’estradizione di Giuseppe Lo Porto perché diversi sono i presupposti per estradare un cittadino italiano all’estero da quelli per estradare un cittadino estero al suo stato di appartenenza”.
Negli USA nel frattempo l’ottantenne Giuseppe Lo Porto è stato condannato alla pena di anni dieci di reclusione per “Bail Jamping” (sottrazione alla libertà su cauzione reato non previsto nella richiesta di estradizione) ed a due ergastoli per i reati sessuali per i quali è stato, secondo il suo legale è stato ingiustamente accusato.
VIOLAZIONE DI NORME IN DIRITTO SOSTANZIALE DI TUTELA DELLA LIBERTA’ DELLA PERSONA EX ART. 5 CEDU, DELLA COSTITUZIONE E DELLA CONVENZIONE ONU SUI DIRITTI DELL’UOMO.
Nulla -secondo l’avvocato Faraon – avrebbe dunque fatto la Procura italiana per accertare se tale circostanza corrispondesse al vero. E cosa strana – ribadisce Faraon- “ il procedimento penale è stato archiviato senza ottemperare all'ordine del TAR Lazio di dare esecuzione all'ordinanza di sospensiva che inibisce l'esecutività del provvedimento di estradizione”.
C’è dunque da chiedersi: alla base di tale estradizione c’è stata davvero - come scrivono i legali di Lo Porto- e come denunciato dalla nipote, la volontà di incassare la taglia di 5.000.00 dollari?
"Come mai, soprattutto, -continuia l'avvocato Faraon- lo Stato Italiano non procede ad applicare l’ordinanza del Presidente del TAR Lazio che persino nella pubblica udienza ha fatto presente che anche il Ministro della Giustizia deve ottemperare alle Ordinanze del TAR e la successiva Sentenza definitiva del Consiglio di Stato? I Ministeri di Giustizia e degli Esteri si sono limitati a richiedere il trasferimento del detenuto Giuseppe Lo Porto e mai ad impugnare l’illegittimità di estradizione. La sentenza del Consiglio di Stato è stata notificata all’Ambasciata USA in Italia visto che non vi ha provveduto il Governo Italiano."
Giuseppe Lo Porto si trova in gravi condizioni di salute ed è ridotto in una sedia a rotelle.
Lo Stato italiano a mezzo dell’Inps di Belluno ha solo provveduto a revocare la pensione sociale a Giuseppe Lo Porto perché non abita in Italia! Nonostante il comune di Pieve di Cadore abbia ripristinato la residenza non appena ha ricevuto la notifica della sentenza del Consiglio di Stato.
Egli dunque non si trova in Italia per sua volontà, ma a causa della controversa vicenda giudiziaria legata alla sua estradizione, “illegittima” , come sostengono i suoi legali.
In tale contesto la Cassazione ha affermato che la dimora permane perché il centro di interessi è in Italia ed il suo domicilio in Italia è presso l’avvocato Luciano Faraon .
“Alla luce di una vicenda poco chiara – afferma Faraon- stiamo presentando un esposto alla Procura della Repubblica di Roma. Inoltre in forza della legittima procura rilasciata al nostro studio, procederemo anche con una causa civile nei confronti dello Stato chiedendo un risarcimento dei danni di € 5.000.000.00 ed una provvisionale di €1.000.000.00 per iniziare negli Usa la causa che avrebbe dovuto iniziare lo Stato italiano, vista l’assoluta mancanza di una reale attività diplomatica”.
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