Il lockdown e la conseguente necessità di sfruttare al massimo i canali digitali hanno fatto emergere il reale livello di efficacia dell'Italia nel settore della formazione online. Trasformata in una manciata di giorni in un Paese quasi completamente virtuale, la penisola si è scoperta volenterosa ma impreparata. Tutto ha iniziato a correre sulla rete con un'intensità più che raddoppiata: l'istruzione, il lavoro, le relazioni sociali. L'e-learning è stato senza dubbio uno dei settori in cui si è reso necessario forzare di più la mano, ponendo il sistema su un banco di prova che ha rivelato qualche sorpresa.
Uno studio a livello globale basato sull'analisi di 30 Paesi OCSE ha infatti rivelato che il Belpaese raggiunge soltanto il ventiduesimo posto in classifica, piazzandosi in terzultima posizione a livello europeo. L'analisi ha preso in esame l'efficienza delle infrastrutture digitali, indispensabili per il corretto funzionamento di tutto il sistema e-learning. La strumentazione è, infatti, elemento indispensabile per l'offerta e la fruizione dei servizi che si intrecciano nella rete.
Proprio di questo intreccio tra domanda e offerta si occupa Preply, promotore dello studio già citato, un Learning Management System (LSM), una piazza virtuale in cui il match tra studenti e tutor qualificati è assicurato e mirato nel dettaglio. I numeri parlano di circa 15.000 insegnanti preparati per mettere a disposizione le loro conoscenze in più di cinquanta lingue. L'incontro tra domanda e offerta è affidato ad un algoritmo di apprendimento automatico. Sulla base dei risultati, gli insegnanti designati predispongono dei piani didattici ad hoc per ogni studente, considerando criteri come il bagaglio culturale, il programma che si vuole portare a termine e, non ultimo, il budget a disposizione. Gli utenti di Preply, ad oggi, risultano provenire da 150 Paesi differenti e proprio da lì, senza muovere un passo, hanno potuto usufruire di oltre due milioni di lezioni online tenute da professionisti sparsi in 110 Paesi.
L'offerta didattica digitale italiana
Già da questi dati si possono intuire le proporzioni del servizio di istruzione virtuale. In Italia sono offerti 218 percorsi formativi di didattica online, il doppio dell'offerta francese, il quadruplo di quella greca, dati che fanno ben sperare e che assestano il Belpaese nella media europea, accanto all'offerta tedesca che si compone di 220 percorsi e a quella spagnola che raggiunge i 260.
Le materie più richieste e più insegnate risultano essere prettamente economiche e scientifiche: informatica assorbe il 27.6% dell'offerta, economia e organizzazione aziendale rappresenta il 21%, al terzo e quarto posto seguono rispettivamente marketing e comunicazione con il 16.3% e materie inerenti la scuola e la formazione con il 14.8%. Sono totalmente assenti dalla classifica i corsi sullo spettacolo, sulle discipline sportive, sul turismo e sulla produzione industriale, mentre coprono una percentuale comunque degna di nota i corsi sul funzionamento del web (10.1%).
Il quadro dell'offerta formativa proposto dall'Italia deve però essere analizzato non solo sotto il profilo delle materie oggetto di studio. È utile, infatti, un'indagine che vada a mostrare anche la sua distribuzione sulla base delle certificazioni derivanti dall'istruzione virtuale. Da un'attenta analisi dei dati raccolti nel campione analizzato, emerge che la certificazione che più spesso gli studenti possono ottenere è un attestato di frequenza, al secondo posto spicca la probabilità molto alta di non ottenere alcuna certificazione, mentre, solo come fanalino di coda, con una percentuale veramente irrisoria, affiora l'ottenimento di una certificazione ECDL. Ecco i dati statistici:
- attestato di frequenza 34,8%
- nessuna certificazione 28,3%
- altro tipo di certificazioni 26,1%
- tipo di certificazione non dichiarato 8,7%
- ecdl 2,2%
Le criticità
Le carenze italiane nel sistema di digitalizzazione dell'istruzione, la sua partenza lenta rispetto alle altre realtà europee, non sono quindi da attribuirsi ad un'offerta povera e limitata ma alla reale possibilità degli studenti di usufruirne. É proprio questo il dato analizzato da Preply. Per valutare la reale accessibilità dei servizi di e-learning sono stati presi in esame diversi fattori: il numero di percorsi formativi, la dinamicità del mercato dell'e-learning e la sua reale struttura in termini di presenza sul territorio e infine, l'efficienza e l'efficacia delle strumentazioni digitali disponibili a servizio del sistema. É proprio su questi pilastri del nuovo modo di insegnare che si sono manifestate le maggiori debolezze italiane. Durante il lock-down si è strappato il velo di incertezze riguardo la reale efficacia delle infrastrutture digitali italiane. La formazione online è risultata accessibile, ma le carenze sono state tali da far emergere l'esigenza di intervenire per migliorare la fruibilità dell'offerta didattica. Il problema fondamentale emerso è stato principalmente un problema di accesso e di cattiva distribuzione delle opportunità di insegnamento.
Si intravedono tuttavia ottime possibilità di miglioramento. Investire in un concreto processo di trasformazione della formazione, credere nella reale possibilità di costruire un sistema efficace ed efficiente che consenta a studenti e insegnanti di godere della flessibilità, della comodità e della adattabilità insite nell'e-learning, potrebbe essere sicuramente un passo importante con cui iniziare la metamorfosi dell'apprendimento.
Lo studio Preply riportato in questo report ha rivelato che solo il 72,5% degli studenti ha accesso a un computer dalla propria abitazione, un dato drammaticamente basso rispetto al resto d'Europa che fa precipitare l'Italia in coda alla classifica. Contribuiscono in modo incisivo al piazzamento non proprio brillante i dati prettamente legati al mondo dell'informatica e della tecnologia: velocità di download a banda larga e mobile. Le connessioni a banda larga del Belpaese hanno il passo lento, toccando una media di 60.0 Mbit/s contro i 120 Mbit/s di Francia, Ungheria, Svezia e Spagna che spiccano in vetta alla classifica nel panorama europeo. Lo stivale vince la competizione con gli spagnoli solo nella retribuzione oraria dei tutor: gli italiani, in linea con la media europea, percepiscono circa 17 euro l'ora contro gli 11 dei tutor della penisola iberica.
Se i dati relativi all'accessibilità da parte degli studenti non sono confortanti, quelli inerenti l'utilizzo delle infrastrutture digitali da parte dei docenti non sembrano rassicurare. Una ricerca della AGCOM (Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni) ha dimostrato che meno della metà degli insegnanti si serve quotidianamente di strumentazioni tecnologiche digitali durante le lezioni. Solo l'8,6% di questi pochi docenti interessati a proporre ai propri studenti un approccio e-learning conosce e utilizza un LSM. Si può facilmente dedurre quanto bassa sia la percentuale di professori che invita gli alunni ad utilizzare i dispositivi digitali, neppure il 21%.
Emergono quindi chiaramente le motivazioni alla base della bocciatura dell'Italia sul digitale da parte dell'OCSE. La consapevolezza delle carenze ormai manifeste è stata fortunatamente interpretata come un input per migliorare la situazione: il primo importante passo, il Piano Nazionale Scuola Digitale, è già stato compiuto e porterà sicuramente ottimi risultati permettendo alla totalità degli studenti di sfruttare le grandi potenzialità dell'e-learning, aprendo definitivamente alla nazione l'ingresso nell'era digitale, un sicuro successo nel miglioramento dell'offerta formativa generale del Paese.