(Arv) Venezia 17 ott. 2024 - A palazzo Ferro Fini, è stata presentata la seconda edizione di ‘Campiello in Fabbrica’, un ciclo di quattro incontri, tre ospitati in Veneto e uno in Friuli-Venezia Giulia, promossi dalla Fondazione ‘Il Campiello’, aperti a dipendenti, territori e istituzioni, per raccontare la cultura d’impresa nei luoghi di lavoro.
L’incontro odierno presso la sede del Consiglio regionale del Veneto, moderato dal Direttore de ‘Il Gazzettino’, Roberto Papetti, si è rivelato preziosa occasione per raccontare la storia del premio ‘Il Campiello’, a partire dal 1962, ripercorrendo le tappe più significative, anche attraverso aneddoti e curiosità.
Il presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti, ha portato i saluti istituzionali, sottolineando “l’importanza di portare ‘Il Campiello’ qui, a palazzo Ferro Fini, sede di una fabbrica particolare, quella delle leggi”.
“Credo che la cultura d’impresa debba essere divulgata all’interno di tutte le fabbriche, pensando alle persone che quotidianamente ci lavorano – ha aggiunto Ciambetti – Perché è proprio la cultura d’impresa che ci può aiutare e stimolare a scrivere e ad approcciarsi ai problemi quotidiani in modo semplice e facilmente comprensibile, andando oltre gli steccati ideologici. Cultura e letteratura sono necessari sia agli imprenditori che ai politici in quanto stimolano il pensiero critico e analitico, fornendoci gli strumenti per affrontare anche i problemi più complessi”.
“Mi piace dare risalto al grande lavoro svolto in tutti questi anni da Confindustria Veneto e dalla Fondazione ‘Il Campiello’ per divulgare la cultura d’impresa e metterla al servizio della nostra società per lo sviluppo del bene comune”, ha concluso il Presidente del Consiglio regionale.
L’assessore regionale con delega alla Cultura Cristiano Corazzari ha portato i saluti del Presidente Luca Zaia e della Giunta veneta, ricordando che “da tanti anni esiste un forte legame tra la Regione e il premio ‘Il Campiello’, che il Protocollo d’Intesa siglato nel 2022 ha rafforzato. L’attività della Fondazione ‘Il Campiello’ è un riferimento per tutti noi in quanto incarna e rappresenta bene il connubio tra cultura e propensione imprenditoriale che da sempre caratterizza lo spirito della comunità veneta. D’altra parte, uno dei nostri fiori all’occhiello, le Ville Venete, non sono state semplici luoghi di svago e ozio, ma veri e propri centri economici del territorio. Proprio il modello veneto, che ha saputo sapientemente mettere assieme la cultura con lo sviluppo economico, è risultato vincente per la capacità di affrontare le moderne sfide”.
“Il premio ‘Il Campiello’ misura molto bene la sensibilità e i cambiamenti in atto in seno alla nostra società – ha concluso Corazzari – e il fatto che i lettori rivestono un ruolo centrale è in sintonia con la forte propensione per la lettura che i cittadini veneti dimostrano di avere in misura molto più spiccata rispetto alla media nazionale”.
Enrico Carraro, presidente di Confindustria Veneto e della Fondazione ‘Il Campiello’, ha rimarcato come “il nostro premio ha sempre cercato di dare risalto, nella selezione dei titoli, non all’opera più bella o più commerciabile, ma a quella caratterizzata da uno stile particolare e innovativo che poi, negli anni, sarebbe diventato dominante. Questo perché il premio è nato dagli imprenditori, da una classe dirigente che ha sempre saputo guardare avanti, anche nella cultura. D’altra parte, nel 1962, quanto ‘Il Campiello’ è stato istituito, il Veneto stava attraversando un periodo storico complicato, tra ricostruzione e boom economico, ed era apparso fin da subito chiaro che la crescita economica avrebbe dovuto essere accompagnata da una paritetica crescita culturale del territorio”.
Mariacristina Gribaudi, advisor Inclusione, Coesione e Cultura Confindustria Veneto e Presidente Fondazione Musei Civici di Venezia, ha esplicitato la mission del premio ‘Il Campiello’, a partire dal 1962: “divulgare la cultura, che è fondamentale ed è un onere che noi imprenditori e imprenditrici del territorio ci siamo assunti. Con ‘Campiello in Fabbrica’, in particolare, vogliamo divulgare sempre di più la cultura, soprattutto nel mondo imprenditoriale, perché a mio avviso la cultura fa parte delle nostre fabbriche tanto quanto la fabbrica può raccontare molto bene la cultura veneta. ‘Campiello in Fabbrica’ ha l’obiettivo di far capire agli operai quanto sia importante la lettura e sostiene una cultura diffusa e condivisa”.
“Credo che proprio la Regione del Veneto possa annoverare le fabbriche più belle: le Ville Venete – ha osservato Mariacristina Gribaudi - I musei di oggi non sono altro che le fabbriche di ieri. E le fabbriche di oggi saranno i musei di domani: questo spiega l’importanza del nostro progetto”.
Ermanno Paccagnini, docente di Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea dell’Università ‘La Cattolica’ di Milano, ha ripercorso la storia del premio ‘Il Campiello’ dal 1962 a oggi, anche attraverso il racconto di aneddoti personali, in qualità di componente della Giuria dei Letterati.
Paccagnini ha in particolare ricordato “la prima edizione, anno 1963, vinta dal libro ‘La tregua’ di Primo Levi, che aveva saputo fare mirevole sintesi tra le due culture dominanti all’epoca, quella scientifica e letteraria, un binomio che caratterizza tutt’oggi lo spirito del premio”.
“Negli anni Novanta ‘Il Campiello’ ha assunto l’attuale fisionomia riguardo alla composizione della Giuria e ha aperto le porte ai giovani narratori – ha proseguito il docente – Proprio ‘Il Campiello Giovani’ riveste un’importanza particolare e, dal 1996, quando è stato istituito, ha conosciuto un’evoluzione continua, potenziandosi negli ultimi anni: non a caso, alcuni vincitori o finalisti sono ora pubblicati da grandi editori, a conferma della nostra capacità di individuare potenzialità in fieri e di scommettere su autori giovani in possesso di un talento particolare”.
“Credo che ciò che differenzia ‘Il Campiello’ dagli altri premi letterari sia la sua assoluta trasparenza, ponendosi al di fuori delle logiche e delle conflittualità editoriali – ha concluso Ermanno Paccagnini – Non sentiamo la necessità di annoverare un nome di spicco nella cinquina finalista, vogliamo premiare l’opera più che l’autore. È però chiaro che la Giuria dei Letterati è fatta di tante soggettività diverse, perché ciascuno di noi si porta inevitabilmente dietro la propria storia personale e le letture fatte, un proprio modus operandi. Ed è pur vero che un libro ha tante componenti: la lingua, una storia, una certa struttura…e ciò rende difficile il lavoro dei componenti della Giuria”.