(Arv) Venezia 15 ott. 2024 - “Campiello in Fabbrica è un appuntamento che sottolinea l'importanza del dialogo avviato da Confindustria e dalla Fondazione il Campiello per aiutare noi tutti, Consiglio regionale non ultimo, a confrontarsi sulle tematiche vere della cultura e della cultura di impresa proiettata verso il futuro per il bene della nostra comunità. Porta la cultura d’impresa dentro le fabbriche, pensando soprattutto a tutte le persone che quotidianamente operano nel cuore delle aziende, e quindi anche quell'azienda speciale che è il Consiglio regionale, nella quale oggi fa tappa. Al Presidente Enrico Carraro, al Professor Ermanno Paccagnini, docente di letteratura italiana moderna e contemporanea dell'Università Cattolica di Milano, a Maria Cristina Gribaudi, Presidente della Fondazione Musei Civici di Venezia oltre che Advisor di Inclusione, Coesione e Cultura di Confindustria Veneta e al Direttore del Gazzettino, Roberto Papetti vanno i miei ringraziamenti per aver scelto il Consiglio regionale come contesto d’elezione per presentare un’iniziativa che non parla solo al mondo delle imprese e a quello della cultura, ma si rivolge anche a quello sociale e delle istituzioni”. Con queste parole il Presidente del Consiglio regionale del Veneto Roberto Ciambetti ha aperto i lavori dell’evento di presentazione di “Campiello in Fabbrica”, svoltosi oggi a Palazzo Ferro-Fini. “Sono passati 110 anni dalla morte di Robert Benson, l'autore del ‘Padrone del Mondo’ la cui lettura è stata consigliata ai grandi della terra da Papa Bergoglio nel suo intervento al G7 del giugno scorso, con una motivazione particolarmente interessante: la mediazione della politica, ha osservò il Pontefice, è l’unico strumento che permette di resistere alla ‘tentazione di uniformare tutto’. Da qui il richiamo a questo testo, pubblicato nel 1907, quale viene descritto – sono ancora parole di Papa Francesco – ‘il futuro senza politica’, ossia pacificato in superficie e consegnato alla dittatura nel profondo. Rispetto a quanto dice il Papa io aggiungo che il libro è del 1907: 7 anni più tardi dalla sua prima edizione la politica rinunciò al suo ruolo lasciando spazio alla voce delle armi, con le conseguenze che segnarono l'intero Novecento e che in parte, pensiamo al Medio Oriente, ci portiamo ancora dietro”, ha affermato Ciambetti. “Cinquant'anni or sono, un grande intellettuale veneto, Guido Piovene, scrisse: ‘Nel Veneto dove sono nato la natura è specialmente dolce; eppure so che molto, e proprio quello che ci sembra più naturale, è invece artificiale, fatto dall’uomo, sostituendolo alle antiche paludi ed ai torrenti senza freno. Nessuno pensa più che sono opere nostre quei canali che scorrono nelle campagne riflettendo con naturalezza gli alberi, i prati e il cielo. Si dovrebbe dunque ripetere che anche la Natura è storia e, come la vediamo, ha una sua data di nascita. Per dedurre che la natura, mutando con la società, è buona o cattiva nella misura in cui è buona o cattiva la società degli uomini dei quali rispecchia la civiltà o l’inciviltà distruttiva del loro modo di convivere o di governarsi. Una società dominata dai ciechi interessi egoistici - scriveva Piovene - avida solo di guadagni, imprevidente per eccesso di competizione, avrebbe quello che si merita, una natura brutta, guasta, nemica, che sparge nebbie tossiche, miasmi, veleni. Bisogna, per difendere la natura, riapprendere il valore che hanno la solitudine e il silenzio, la loro parte indispensabile nell’igiene della vita umana (…). La difesa della natura ci pone problemi affini alla difesa delle opere d’arte del passato, entrambe sono necessarie”. Piovene non si rivolgeva solo ai politici, ma anche a quel mondo imprenditoriale che proprio a metà degli anni Settanta del secolo scorso stava avviando in Veneto una rivoluzione epocale. Dobbiamo essere grati a quegli uomini grandi imprenditori di piccole imprese destinate a creare ricchezza e benessere. Ma dobbiamo anche avere l'intelligenza e la cultura per affrontare assieme le sfide che la natura oggi ci pone in maniera dirompente: quella stessa cultura che oggi la Fondazione Campiello porta nelle nostre fabbriche. Cultura e letteratura insomma, sono necessarie all'imprenditore come al politico perché stimolano il pensiero critico e analitico, essenziale per affrontare problemi complessi e prendere decisioni ponderate mentre una buona conoscenza culturale aiuta a navigare in un mondo sempre più globalizzato e multiculturale aiutando ad affrontare dilemmi etici e morali, stimolando riflessioni importanti per chi deve prendere decisioni che impattano sulla vita dei cittadini, appunto i politici ma anche gli imprenditori”, ha concluso Ciambetti.