di Giacomo Rizzo (ANSA) - TARANTO, 31 MAG - Fu disastro ambientale. Nella gestione dell'ex Ilva da parte della famiglia Riva, tra il 1995 e il 2012, lo stabilimento siderurgico di Taranto provocò un inquinamento che i pm hanno definito "devastante per la salute e per l'ambiente". La Corte d'Assise, dopo cinque anni di dibattimento e 11 giorni di camera di consiglio, ha emesso 26 condanne (tra dirigenti della fabbrica, manager e politici) per 270 anni di carcere e disposto sia la confisca degli impianti dell'area a caldo che la confisca per equivalente dell'illecito profitto nei confronti delle tre società Ilva spa, Riva fire e Riva forni elettrici per una somma di 2,1 miliardi. La sentenza del processo di primo grado chiamato, non a caso, "Ambiente svenduto", è stata letta oggi nell'aula magna della Scuola Sottufficiali della Marina militare, mentre all'esterno della struttura - presidiata dalle forze dell'ordine - cittadini e ambientalisti manifestavano con megafoni e striscioni. Il dispositivo è di 83 pagine. Tra i principali imputati, spicca la condanna rispettivamente a 22 anni e 20 anni di reclusione per Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell'Ilva, che rispondevano di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all'avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Mano pesante anche per altri ex dirigenti. La Corte d'Assise (presidente Stefania D'Errico, a latere Fulvia Misserini) ha inflitto 21 anni e 6 mesi all'ex responsabile delle relazioni istituzionali Girolamo Archinà, 21 anni all'ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso, pene comprese tra i 18 anni e mezzo e il 17 anni e 6 mesi di carcere a cinque ex fiduciari aziendali. Quasi tutti gli imputati hanno annunciato ricorso in appello. A tre anni e mezzo di reclusione (di 5 anni la richiesta dell'accusa) è stato condannato l'ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola ("Mi ribello ad una giustizia che calpesta la verità", ha reagito) a cui viene contestata la concussione aggravata in concorso, in quanto, secondo la tesi degli inquirenti, avrebbe esercitato pressioni sull'allora direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato (condannato a 2 anni per favoreggiamento), per far "ammorbidire" la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall'Ilva. A 3 anni è stato condannato invece l'ex presidente della Provincia Gianni Florido, che risponde di concussione e tentata concussione, reati che avrebbe commesso in concorso con l'ex assessore provinciale all'ambiente Michele Conserva (anch'egli condannato a 3 anni) e con Archinà. Assolto l'ex sindaco di Taranto Ippazio Stefàno ("perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato"), a cui era contestato l'abuso d'ufficio. Il non doversi procedere per prescrizione del reato di favoreggiamento è stato dichiarato, tra gli altri, nei confronti dell'ex assessore regionale Nicola Fratoianni (attuale segretario di Sinistra Italiana) e dell'assessore regionale Donato Pentassuglia. Capitolo risarcimenti. La Corte ha stabilito una provvisionale esecutiva di 5mila euro ciascuno a favore di centinaia di cittadini (erano oltre mille le parti civili) e un risarcimento di 100mila euro per la Regione Puglia e il Comune di Taranto, 50mila euro per la Provincia di Taranto e per i Comuni di Statte, Montemesola e Crispiano, per l'Asl e Legambiente. Nei confronti del ministero dell'Ambiente e del ministero della Salute diversi imputati sono tenuti al "ripristino dell'integrità dell'ambiente inquinato" o al risarcimento dei danni da liquidarsi "in separata sede". "Rispettiamo la sentenza - afferma il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti -. Manca la pronuncia del Consiglio di Stato per avere il polso della situazione. A quel punto sarà possibile capire in che quadro giuridico lo Stato, in qualità di azionista, potrà operare. Servono certezze per dare una prospettiva di crescita e sviluppo a Ilva e all'acciaio in Italia". Per il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, "la giustizia ha finalmente fatto il suo corso. Gli impianti a ciclo integrato, che hanno determinato la morte di innumerevoli persone tra le quali tanti bambini, devono essere chiusi per sempre".
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