Puglia

Una testa di capretto davanti alla casa di una giudice sotto scorta

Vittima dell'intimidazione la gip di Lecce Maria Francesca Mariano

Redazione Ansa

 Con la sua firma la scorsa estate ha disposto gli arresti per 22 presunti affiliati al clan Lamendola-Cantanna, ritenuto vicino alla Sacra corona unita. Da allora la giudice Francesca Maria Mariano, dell'ufficio gip del trbunale di Lecce, è diventata bersaglio, insieme alla pm Carmen Ruggiero che chiese quegli stessi arresti, di ripetute minacce che hanno registrato una escalation preoccupante. L'ultimo episodio, la notte tra giovedì e venerdì scorsi, quando Mariano ha trovato davanti alla porta della sua abitazione una testa di capretto insanguinata e infilzata con un coltello da macellaio, accompagnata da un biglietto su cui era scritto a penna: "Così".


Mariano e Ruggiero sono sotto scorta dalla scorsa estate dopo aver ricevuto alcune lettere di minacce. Le prime, partite dal carcere di Lecce, erano state bloccate dagli agenti della polizia penitenziaria; altre sono arrivate a destinazione lo scorso novembre, nell'ufficio della gip, firmate con il sangue e contenenti riferimenti satanici.
Dopo l'ennesimo e macabro avvertimento, il comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica convocato dalla prefettura di Lecce ha deciso di innalzare il livello delle misure di sicurezza per la giudice Mariano. Ora dovrà spostarsi con un'auto blindata, avrà un agente di scorta in più e sarà intensificata la vigilanza sotto la sua abitazione.


Nell'indagine 'The wolf', che secondo gli investigatori avrebbe fatto scattare le minacce, sono indagate 38 persone, 22 delle quali sono state arrestate. L'udienza preliminare del procedimento comincerà il prossimo 6 marzo nell'aula bunker a Lecce. Tra i reati contestati a vario titolo ci sono l'associazione mafiosa, l'associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, tentati omicidi, detenzione e porto illegale di armi da fuoco e da guerra, violenza privata, lesioni personali, estorsioni e ricettazione.


I presunti vertici del clan, Gianluca Lamendola e suo padre Cosimo, presero da subito le distanze dalle minacce, ribadendo attraverso i propri legali di rispettare il ruolo della magistratura. Gli agenti della squadra mobile, coordinati dalla procura di Potenza, ritengono invece che ci sia un legame tra quanto sta accadendo alla gip e alla pm, e l'indagine di cui si stanno occupando.
Ora gli investigatori sono al lavoro per risalire ai responsabili dell'ultima minaccia ricevuta da Mariano. Anche attraverso le telecamere di videosorveglianza che potrebbero aver filmato il momento in cui la testa dell'animale viene posata davanti all'abitazione della magistrata. 

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