Puglia

Patrimonio subacqueo, Fondazione Leonardo 'potenziare risorse'

Workshop a Lecce. Pisani: 'puntare su innovazione e competenze'

Redazione Ansa

(ANSA) - LECCE, 05 SET - Lo stato dell'arte della ricerca scientifica nell'archeologica subacquea oggi, le tecnologie utilizzate e le necessità nel settore in Italia. Ma anche i temi della sicurezza e gli investimenti futuri in innovazione tecnologica per la dimensione subacquea. Sono stati questi alcuni dei focus trattati nella prima giornata del workshop 'Forma Maris - Sistemi per la conoscenza e la mappatura del mondo subacqueo' in corso tra Lecce e Porto Cesareo (dove c'è un'area marina protetta), e che si concluderà domani.
    La manifestazione è promossa da Università del Salento con Fondazione Leonardo (presieduta da Luciano Violante) e Marina Militare, nell'ambito del più vasto programma 'Civiltà del mare.
    Il subacqueo'. Temi illustrati e di cui si è discusso oggi nel corso dell'iniziativa in Puglia già presenti nel 'Rapporto globale sul mondo subacqueo "Civiltà del mare. Geopolitica, strategia, interessi nel mondo subacqueo. Il ruolo dell'Italia" realizzato da Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine e Marina Militare Italiana, ed in altre iniziative come 'Le Università per il Subacqueo', divenuto un network a cui hanno aderito 51 università. Un lavoro sinergico che ha portato anche alla realizzazione di un ciclo di seminari sulla dimensione subacquea: quello tra Lecce e Porto Cesareo segue le attività svolte a Roma e La Spezia.
    "Da qui al 2030 - spiega Vincenzo Pisani, responsabile del coordinamento delle ricerche scientifiche Fondazione Civiltà delle Macchine - si pensa ad un raddoppio degli investimenti nel mondo dell'archeologia subacquea e quindi è sempre più importante investire in risorse per l'innovazione tecnologica ma anche in competenze, perché il nostro Paese potrebbe avere tantissimo come ritorno". "Uno degli elementi che è stato ricordato oggi in riferimento alla ricerca scientifica subacquea è che bisogna investire tanto nella mappatura. Ad oggi - aggiunge - conosciamo solo il 20% dei fondali marini, ed invece ne dobbiamo sapere sempre di più.
    Perché più si conoscono e più si riescono a capire questioni legate a fenomeni come lo tsunami, e quindi la possibilità di creare forme preventive d'intervento". (ANSA).
   

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