Ancora pochi passaggi e si saprà se l'amministrazione comunale di Bari verrà sciolta per infiltrazioni mafiose o meno, oppure se saranno commissariate solo uno o più aziende municipali o se la vicenda sarà semplicemente archiviata.
Uno degli ultimi atti di questa vicenda, iniziata a fine marzo - e, a monte, con i 130 arresti di febbraio dell'inchiesta 'Codice interno' - si è compiuto nella prefettura di Bari. Il prefetto Francesco Russo, nel corso del comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, ha esposto la propria relazione sulla base delle conclusioni tratte dalla commissione d'accesso del Viminale, che da marzo a settembre ha lavorato per verificare l'esistenza di possibili infiltrazioni mafiose nell'amministrazione.
Al comitato era presente anche il procuratore di Bari, Roberto Rossi, che è stato ascoltato anche se il suo parere, ai fini della relazione, non è vincolante. Rossi non ha risposto alle domande dei giornalisti presenti all'esterno della prefettura ("questa è una fase riservata, direi addirittura segreta, dal punto di vista amministrativo", le sue parole), ma in più occasioni, in passato, ha ribadito pubblicamente il ruolo svolto dall'amministrazione comunale di Bari nel contrasto ai clan mafiosi.
Nessun altro dei partecipanti al comitato, a partire dal prefetto, ha rilasciato dichiarazioni sul contenuto o sul semplice svolgimento del comitato. E il silenzio della prefettura sull'argomento ha spinto l'Ordine dei giornalisti e l'Assostampa Puglia a parlare di "grave pregiudizio del diritto-dovere di informazione", perché "privare i giornalisti di una fonte fondamentale quale può essere una conferenza stampa è una gravissima violazione del diritto di cronaca che impedisce di informare correttamente i cittadini di quanto accade".
La relazione di Russo, ora, verrà inviata al ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, ed è in questa fase che si deciderà effettivamente il destino dell'amministrazione comunale di Bari. Il ministro, infatti, ha tre mesi di tempo per decidere se archiviare la pratica o se sottoporre la proposta di scioglimento al Consiglio dei ministri, che delibererà nel merito. Lo scioglimento è poi disposto con decreto dal presidente della Repubblica, ma è appellabile al Tar.
Il tutto è iniziato lo scorso 26 febbraio, con i 130 arresti dell'indagine della Dda che ha svelato i presunti intrecci tra mafia, politica e imprenditoria cittadina. Tra gli arrestati anche l'ex consigliere regionale Giacomo Olivieri e la moglie Maria Carmen Lorusso, all'epoca consigliera comunale: l'elezione di Lorusso nel 2019, per gli inquirenti, sarebbe stata favorita dai voti dei clan mafiosi raccolti da Olivieri. L'inchiesta ha anche portato al commissariamento dell'Amtab, la municipalizzata dei trasporti in cui risultavano assunte alcune persone legate ai clan (tra cui Massimo Parisi, fratello del boss 'Savinuccio'), ora licenziate.
Leggi l'articolo completo su ANSA.it