(ANSA) - ROMA, 08 OTT - "La Cerimonia di apertura è stata
chiara, e Dash to Paris l'ha capito: non bastano i fondi, serve
partecipare in prima persona e unire davvero le persone". A
Fabio, quando era piccolo, i medici diedero il consiglio di non
sforzare i muscoli dopo che alcuni suoi valori del sangue
indicavano che sarebbe stato soggetto ad affaticamento
muscolare, strappi e stiramenti.
Coinvolgendo 12 aziende, Dash to Paris non solo chiese fondi
alle imprese, ma di partecipare in prima persona. Vi aderirono
così 30 atleti tra cui Fabio. "Non sarò un grande sportivo, ma
ora - racconta - quando sento i miei piedi agganciarsi alle
tacchette dei pedali della mia bicicletta gialla, quando sento
che il mio corpo si solleva da terra quei 20 centimetri, e due
ruote accompagnano il movimento delle mie gambe, tutto me stesso
respira un'altra dimensione. Quando poi scalo le montagne e il
mio sguardo si perde tra le cime silenziose..." Sei le tappe
previste: dopo Milano, Courmayeur, poi Annecy, Lione, Digione,
fino a Parigi. A ideare Dash to Paris, e a coinvolgere Fabio, è
stato Massimo Plebani, papà della triatleta Veronica Yoko
Plebani (che a queste paralimpiadi vincerà l'argento) lanciando
un progetto di raccolta fondi a favore di Art4Sports e Obiettivo
03, i cui ambassador sono Bebe Vio e Alex Zanardi. Entrambe
queste associazioni finanziano le costose protesi e attrezzature
per la pratica dello sport paralimpico. "Dash to Paris -
racconta Fabio - non era solo una questione di chilometri da
percorrere, era un viaggio verso un'idea di inclusione che si
faceva sempre più concreta tappa dopo tappa". Non è stata solo
una corsa verso Parigi, un modo creativo per raccogliere fondi
(sono stati raccolti 70.000 euro), ma un vero passo verso
l'inclusione. E alla fine, per me, è stato un modo per dire a
quel ragazzino che ha amato la bicicletta, che se anche non
poteva fare sport, ora quel ragazzino pedala". (ANSA).
"Mi hanno vietato lo sport, ma ho pedalato da Milano a Parigi"
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