di Stefano Ambu
Dal Teatro Lirico di Cagliari alla prima serata di Rai 5, il canale della Tv nazionale dedicato ai grandi eventi artistici e culturali. L'appuntamento con "La Ciociara" di Marco Tutino, registrato nel capoluogo sardo a novembre in occasione della prima europea dell'opera, è fissato per il 18 gennaio alle 21.15. Uno spettacolo che ha conquistato il pubblico cagliaritano. Anche sorprendendolo piacevolmente con trovate sonore e sceniche di grande effetto.
"Ho sempre pensato - spiega all'ANSA il soprintendente Claudio Orazi - che la musica sia il linguaggio universale madre e come tale debba trovare degli interpreti capaci di tradurre quella materia viva in continua evoluzione e trasportare la società in una sorta di recettività a guardare il futuro. Ecco perché è importante avere il coraggio di proporre la nuova musica così come repertori meno frequentati, e non solo perché c'è una legge che lo impone o formule educative che le evocano ma perché c'è una sintesi tra il valore semantico della musica e l'anima dell'uomo. E il teatro agevola questo percorso più di qualsiasi altra esperienza".
Obiettivo centrato con "La ciociara" di Tutino. "Un'opera - continua Orazi - che è riuscita ad aprire un varco in un pubblico, come quello cagliaritano, che trovo molto attento e curioso. Mi è capitato di leggere un commento sul nostro sito di una spettatrice che si dichiarava sorpresa di come le opere che l'avessero colpita di più fossero proprio quelle a lei sconosciute". Tutino ha seguito passo dopo passo l'esordio europeo a Cagliari. "Lo conoscono come musicista da molto tempo - racconta il sovrintendente - e in occasione della riapertura del Teatro delle Muse di Ancona, del quale ho curato la direzione artistica, gli commissionai la messa in musica di una preghiera che Papa Giovanni Paolo II aveva donato per quella circostanza e che fu poi interpretata da Placido Domingo. Qui a Cagliari ha seguito tutte le prove ed è stato presente a tutte le recite: mi ha sorpreso la sua emozione e il suo seguire con apprensione ogni singolo momento, continuava col pensiero ad anticipare i passaggi musicali dell'opera come se li accompagnasse".
Molto coinvolgimento, quindi. "La cosa che più mi ha colpito - confessa Orazi - è come la storia, che conoscevamo attraverso il libro di Moravia e il film di De Sica, abbia attraverso la musica amplificato la percezione del dramma e abbia unito tutti coloro che ci hanno lavorato: musicisti e artisti del coro, tecnici, sarte, truccatrici, collaboratori, comparse, fonici, ad ogni recita ho visto brillare gli occhi di tutti per la commozione, forte e sincera. Eppure la storia era sempre la stessa ma ogni sera si riproponeva la stessa emozione, che poi alla fine è il rito del teatro che ci unisce in un unico medesimo pathos".
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