Per reagire alla crisi del comparto ovicaprino ed in particolare ai prezzi della carne d'agnello non remunerativi per i pastori, Copagri Sardegna rilancia il coordinamento della filiera. In particolare il presidente Ignazio Cirronis ipotizza "una comune struttura di coordinamento commerciale, facendo macellare gli agnelli in conto lavorazione presso macelli privati, con i pastori che ne manterrebbero la disponibilità".
"Qualche settimana fa - rileva Cirronis - Ismea registrava per il mercato di Cagliari un prezzo a peso vivo di 2,30 €/Kg. Uno schiaffo al produttore, tanto che inizia a considerare l'agnello uno scarto e a decidere di non allevarlo: se un agnello vivo con un peso medio di 10 Kg vale 23 euro, tanto vale mettere sul mercato il latte che serve ad alimentarlo che, a valori di 74 cent./litro, produce più o meno lo stesso ricavo, senza ulteriori rogne". Inoltre, secondo Cirronis, "pesa sul mercato una campagna salutistica, rivolta contro le carni rosse che ha notevolmente ridotto i consumi di carne in generale, oggi fermi a 74 Kg pro capite, e pesa l'ingiustificabile campagna 'salvaunagnello', con tutto il rispetto per chi ha bandito la carne dalla sua tavola. I dati sul consumo di carne di agnello in Italia sono contradditori, ma vanno da meno di un Kg a 1 Kg o massimo 2 Kg pro capite contro i 12 Kg della Grecia. Oggi il prezzo reale è salito a 5 euro/Kg in virtù di alcune offerte aggregate, ma non basta a stabilizzare un prezzo medio annuale remunerativo".
"Il consorzio di tutela dell'IGP Agnello di Sardegna - prosegue Pietro Tandeddu, direttore regionale Copagri - cerca di dare un contributo alla soluzione del problema svolgendo il suo ruolo specifico di controllo contro le truffe e la promozione, oltre che la ricerca di nuovi sbocchi commerciali, ma evidentemente le azioni poste in essere non sono sufficienti. Il pastore è nelle mani degli intermediari che agiscono per conto dei macellatori e non ha alcun potere contrattuale. L'alternativa non può che essere l'organizzazione dei produttori".