Ha dimensioni leggermente ridotte e un'efficienza fotosintetica minore rispetto alle sue "cugine", ma l'orchidea della specie Epipactis helleborine (sottospecie tremolsii) ha più di un pregio: cresce nel bel mezzo dei fanghi di scarto delle miniere, ricchi soprattutto di zinco e piombo, e trattiene questi metalli pesanti assorbendoli dal terreno. Una pianta che funge da "bonifica" naturale e il suo utilizzo in questo campo sarò ora indagato in modo più approfondito per uscire dai laboratori ed entrare nella ricerca applicata.
La scoperta si deve a un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Scienze della Vita e dell'Ambiente (sezione Botanica) dell'Università di Cagliari, coordinato dal dottor Pierluigi Cortis. Gli esperti hanno studiato le caratteristiche di queste orchidee nell'area mineraria dismessa di Barraxiutta a Domusnovas, Sud Sardegna, nella quale venivano estratti principalmente zinco e piombo. Lo studio è stato già pubblicato sulla rivista internazionale Ecotoxicology and Environmental Safety.
"Grazie alla collaborazione con gruppi di ricerca delle università di Milano Bicocca, Salerno, Varsavia e del dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche dell'Università di Cagliari, la ricerca ha permesso di capire come queste orchidee non solo crescano in presenza di contaminanti ambientali, ma di come siano anche in grado di accumularli all'interno dei loro tessuti - spiega all'ANSA Cortis - In alcune fasi del loro ciclo vitale le orchidee sono obbligate a entrare in simbiosi con alcuni microfunghi presenti nel suolo. Il prossimo passo della ricerca sarà proprio quello di approfondire in che modo i microfunghi possano contribuire alla tolleranza di questa orchidea nei confronti dei contaminanti ambientali".