DI MARIA GRAZIA MARILOTTI
"Amo le sfide. Lo sport mi ha insegnato a vincere ma anche a perdere, bisogna saper affrontare anche le delusioni e gli imprevisti, fondamentale è non perdere la speranza". Si presenta così Fiona May, protagonista con Luisa Cattaneo di "Maratona di New York" di Edoardo Erba, dal 30 luglio in Sardegna tra Arzachena, Tempio, Macomer e Lanusei per la Stagione Cedac. L'ex campionessa mondiale di salto in lungo interpreta "una donna forte, in un certo senso un pò aggressiva, ma questo è il suo atteggiamento verso la vita, è una donna combattiva a differenza della sua migliore amica, più fragile - racconta all'ANSA - lo spettacolo è insieme 'fisico' e psicologico, noi corriamo e recitiamo insieme, e questo riflette l'amicizia fra donne".
"Maratona di New York" è un viaggio nell'universo femminile: la fortunata pièce, con la regia di Andrea Bruno Savelli, rappresenta "una nuova sfida" per l'atleta, già vincitrice della 3/a edizione di "Ballando sotto le stelle" e terza classificata a "Si può fare!". Nata in Inghilterra, di origini giamaicane e che ha scelto come sua patria elettiva l'Italia, Fiona si è appassionata alla recitazione teatrale dopo il successo della serie "Butta la luna" e il felice esordio davanti alla macchina da presa in "Guinea Pig-La Cavia", pluripremiato corto che le è valso il Golden Globe Italia. "Lo sport è parte della mia vita, mi ha insegnato a darmi degli obiettivi e impegnarmi a raggiungerli, nonostante le difficoltà e gli ostacoli, e il gusto di arrivare fino alla fine", confessa.
La pandemia ha influenzato anche la sua esistenza. "Il lockdown è stato duro - ammette - avevo paura ma sono mamma e dovevo dare un esempio di tranquillità alle ragazze. Il virus ha cambiato il modo di vivere, per gli atleti è un momento difficile, sono state cancellate perfino le Olimpiadi. E anche in teatro con le tournée interrotte: sono contenta di poter recuperare le date in Sardegna". Icona della bellezza contemporanea per Yves Rocher, Fiona non è stata sfiorata se non indirettamente dall'aging e dai pregiudizi sull'età. "50 è solo un numero, io non mi sento 50 anni, anche se sono diventata più saggia, più tranquilla, mi sento più sicura adesso. Penso - spiega - che questo fenomeno nasca dalla paura, le donne intelligenti e di successo spaventano, specialmente gli uomini che non si sentono all'altezza". "La chiave del cambiamento è l'educazione - dice convinta - è una nuova sfida: bisogna cambiare la cultura, è il tempo di una rinascita".