"Non sono Mussolini e l'accostamento della mia persona a Mussolini è diffamatorio. L'accostamento a piazzale Loreto e ai gerarchi fascisti io l'ho percepito come una minaccia. Non sono un gerarca fascista ed essere trattato alla stregua è una lesione della mia immagine".
Così il leader della Lega, Matteo Salvini, ha testimoniato al processo che lo vede parte offesa per un volantino diffuso a Cagliari in occasione di una manifestazione del Carroccio, il 26 settembre 2017, che inneggiava a piazzale Loreto. L'accostamento tra Lega è fascismo è a suo avviso diffamatorio. "Qualsiasi ideologia politica si presta ad una critica ma - ha chiarito - ricordare piazzale Loreto, citarlo da esempio, per me va oltre la critica politica".
Davanti alla giudice Cristina Ornano, c'è il militante Mauro Aresu, 37 anni, accusato di diffamazione, istigazione a delinquere e minacce: è difeso dall'avvocata Marcella Cabras e all'esterno del Tribunale si è tenuto un sit-in di solidarietà a sostegno dell'imputato. Sul banco dei testimoni questa mattina si è così seduto il numero uno della Lega che ha ricostruito le ragioni della denuncia. "Non ho mai risposto alle offese - ha detto - nella mia attività politica sono abituato alla critica e anche all'insulto. Ma quando a mio avviso si travalica l'insulto e si arriva a quella che io percepisco come minaccia, allora segnalo a chi di competenza se quello è un diritto di critica o se è qualcosa di più grave. L'ho fatto cinque volte".
Rispondendo all'avvocata di parte civile Claudia Eccher, l'ex ministro dell'Interno ha ricordato che quella volta a Cagliari la manifestazione venne svolta al chiuso in Fiera, proprio per questioni legate al rischio di contestazioni. "Come avvenuto anche in altre occasioni - ha poi concluso Salvini - sono disponibile a chiudere questa vicenda con le scuse pubbliche e una donazione ad un ente benefico di Cagliari". Il processo è stato aggiornato al 26 aprile, quel giorno sarà sentito il parlamentare leghista Eugenio Zoffili.