Sardegna

Violenza donne e femminicidi, l'anno nero della Sardegna

Centri antiviolenza, "non è emergenza ma problema strutturale"

Redazione Ansa

di Manuel Scordo

"La violenza sulle donne non è un'emergenza, è un problema strutturale e culturale del sistema". Ne è convinta Luisanna Porcu, coordinance del Centro antiviolenza Onda Rosa di Nuoro e consigliera per la Sardegna dell'associazione nazionale Di. Re. Donne in rete contro la violenza. "L'emergenza - spiega - è una cosa che ha un inizio e una fine, mentre il nostro è un problema sistemico". La conferma arriva dai dati nazionali che registrano nel 2021 oltre 100 femminicidi in tutta Italia. Anche per la Sardegna è stato un anno orribile, non solo per l'impennata di denunce di violenze e stalking, ma anche per le donne uccise o ferite da mariti o ex.
    È dell'11 maggio a Tortolì il tentato femminicidio di Paola Piras, 50 anni, accoltellata dal compagno Masih Shahid, pakistano di 29 anni. Sarà lui ad uccidere il figlio 19enne della donna, Mirko Farci, intervenuto nello strenuo tentativo di difendere la madre. Il 7 settembre a Sennori, Adriano Piroddu, 42 anni, cerca di uccidere a colpi di pistola la sua compagna, Piera Muresu, poi si toglie la vita impiccandosi. Lei, 48 anni, ferita al collo e al torace si salva dopo un delicato intervento chirurgico.
    Il 9 settembre a Quartucciu viene ammazzata Angelica Salis, 60 anni, accoltellata dopo una lite violenta dal marito, il 67enne Paolo Randaccio. È del 13 dicembre, invece, il femminicidio di Mihaela Kleics, la 50enne di origine romena accoltellata 35 volte dal compagno, Sandro Sarais, di 56: anche lui, come Piroddu, si suicida lanciandosi dalla finestra dell'ospedale in cui era ricoverato. A questo terribile elenco deve essere aggiunto l'assassinio di Alessandra Piga, 25 anni, di Maracalagonis, accoltellata a morte dall'ex fidanzato Yassin Erroum, di 30, in una villetta a Castelnuovo Magra, in provincia di La Spezia.
    Una lunga scia di sangue, un vero massacro. "Il femminicidio - argomenta Luisanna Porcu - rappresenta l'ultimo atto di un continuum di violenze che sono le espressioni di controllo e di esercizio di potere da parte di chi, credendosi più forte, nega all'altra persona autonomia di pensiero e di azione. L'uomo è violento per la mancata ubbidienza della donna a un presunto ordine precostituito patriarcale che sancirebbe i ruoli e le funzioni all'interno della relazione uomo donna e della società in generale".
    Secondo la coordinatrice di Onda Rosa, anche il suicidio dopo il fatto di sangue è solo l'ultimo atto di un esercizio patriarcale di possesso. "Diventa giudice di se stesso oltre che della vita della donna - chiarisce - si punisce, ma non si pente di quello che ha fatto. Non è mai un raptus, ma è proprio l'ultimo atto dell'esercizio patriarcale". Per Luisanna Porcu, servono interventi di sistema e formazione per combattare questi fenomeni. "I centri antiviolenza devono essere messi al centro della governance - sottolinea - non possono essere le Prefetture, le Questure o le Ats a intervenire, ma le operatrici dei centri. Lo stesso vale per la formazione: sono le operatrici che devono formare tutte le persone che a vario titolo entrano in contatto con episodi di violenza, dalle forze dell'ordine agli assistenti sociali, fino ad arrivare agli avvocati".
    Sul fronte delle norme, infine, l'esperta ricorda che "in Italia le leggi già ci sono e non ne servono altre. Ma bisogna applicarle, affinché nel nostro Paese la convenzione di Istambul trovi piena attuazione".
   

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