di Stefano Ambu
Sono state soprattutto le ragazze tra i 15 e i 19 anni ad essere vittime di episodi di cyberbullismo. Un giovane su cinque (19,6%) ha dichiarato di avere subito atti di vessazione digitale, "raramente" nel 10,3% dei casi, "qualche volta" nel 7,8% o "spesso" nell'1,5%.
È quanto emerge da un'indagine conoscitiva sul Cyberbullismo nelle scuole della Sardegna realizzata dall'Eurispes, con il contributo dell'assessorato regionale alla Programmazione e al Bilancio, e con la collaborazione dell'assessorato alla Pubblica Istruzione.
Nella rilevazione sono state coinvolte 48 scuole e 49 superiori.
Sono stati compilati 5.784 questionari: 3.586 dai ragazzi, 1.361 dai genitori e 837 dal corpo docente. Uno degli attacchi più pericolosi e più diffusi è il sexting, invio digitale di messaggi e immagini sessualmente espliciti. Ma ci sono anche battaglie verbali on line (flaming), molestie (harassement), cyberpersecuzione (cyber-stalking), denigration, sostituzione di persona, inganno e diffusione di informazioni, esclusione. I bulli digitali non hanno genere: sono, nella stessa misura, ragazze, il 49,7% o ragazzi, il 50,3%. Hanno un'età compresa tra i 13 e i 19 anni e usano chat di gruppo e messaggi individuali (WhatsApp, Telegram e applicazioni simili). L'identikit? Ragazzi ansiosi, insicuri e fanno, generalmente, parte di una cerchia di ragazzi conosciuti, che prendono di mira soprattutto chi non è in grado di difendersi o chi ha un handicap fisico. Sul fronte familiare, secondo al ricerca, i genitori mettono a disposizione cellulari e computer ma spiegano nelle interviste che controllano i contenuti dei viaggi in rete. In caso di cyberattacco hanno detto ai figli di ignorare le vessazioni, ma hanno comunque affrontato l'argomento in casa. Alcuni si sono lamentati a scuola, altri hanno parlato direttamente con i genitori del bullo. Per loro si tratta di un fenomeno preoccupante e in crescita. Anche una piccola parte dei docenti è stata vittima di episodi di cyberbullismo. Quando hanno avuto a che fare con alunni-vittime, gli insegnanti hanno suggerito di rivolgersi ai propri genitori, o, in alternativa, i docenti si sono rivolti direttamente al responsabile o ai responsabili.
Rendendosi conto che gli autori spesso minimizzavano: solo uno scherzo, questa la risposta più frequente.
Dalla ricerca sono emerse, più di altre, alcune delle caratteristiche tipiche del fenomeno: la percezione dell'invisibilità, l'assenza di reazioni visibili da parte della vittima, lo "sdoppiamento della personalità" che ha come conseguenza l'attribuzione delle azioni al profilo utente creato on-line. I possibili rimedi sono diversi. Si va dall'attività di formazione rivolte ai docenti e agli studenti, agli eventi periodici di informazione riservati ai genitori con esperti del settore. Lezioni - questo il suggerimento - da tenere all'interno degli istituti scolastici che, come emerso anche dall'indagine, rappresentano i luoghi non solo dove il fenomeno ha origine, ma anche dove è più opportuno contrastarlo.