L'incendio del 2 agosto 2017 in cui morì nella sua abitazione a Carbonia Anna Maria Merola, infermiera di 59 anni, non fu provocato da un corto circuito ma dalla volontà del marito di uccidere la donna disabile, divenuta forse un peso del quale disfarsi perché inferma, continuamente "umiliata" e "mortificata" oltre che "privata delle cure e attenzioni essenziali".
L'ipotesi accusatoria della Procura di Cagliari è stata ritenuta sufficiente dalla giudice per le udienze preliminari Lucia Perra per decidere di rinviare a giudizio l'uomo, Giuseppe Demurtas, di 64 anni: è accusato di femminicidio, tentato omicidio dei due figli e delle loro fidanzate, tutti in casa al momento del rogo, e maltrattamenti in famiglia. Il processo si aprirà il 23 giugno prossimo in Corte d'assise a Cagliari. La gup ha mandato a giudizio con rito abbreviato anche uno dei figli della vittima, Roberto Demurtas, di 30 anni: a lui viene contestato il reato di maltrattamenti nei confronti della madre per presunti comportamenti vessatori tra il maggio 2016 e l'agosto 2017.
L'ipotesi che a innescare le fiamme fosse stato un cortocircuito legato a un malfunzionamento dell'impianto di climatizzazione è stata smentita dalla Procura sulla base di testimonianze, intercettazioni, consulenze e accertamenti tecnici, sequestri e analisi approfondite dei carabinieri del Ris. La donna era rimasta imprigionata nell'edificio mentre divampava il rogo. Erano le 4.30 del mattino e si erano salvati, riportando lesioni non gravi, il marito (pensionato, ex dipendente della Polizia), i due figli e le loro compagne. La vittima, che da tempo aveva problemi di deambulazione e si muoveva con difficoltà, era morta soffocata. I vigili del fuoco l'avevano trovata distesa sui gradini che portano al primo piano, vicino al servoscala, con i piedi rivolti verso il piano terra. Probabilmente stava tentando di sfuggire al fuoco, partito proprio dal pianterreno.
Nel corso dell'udienza preliminare il pm Paolo De Angelis ha ricordato le testimonianze sui presunti maltrattamenti e la consulenza tecnica del Ris dei carabinieri che avrebbe individuato le tracce di un derivato dal petrolio nei pressi di uno dei condizionatori. Per la Procura potrebbe essere liquido infiammabile usato per appiccare l'incendio, anche se questa ipotesi - insieme alle accuse di omicidio e maltrattamenti - viene totalmente rigettata dagli avvocati della difesa, Agostinangelo Marras e Lorenzo Perra, secondo i quali quelle tracce provengono dal materiale plastico dell'impianto.