Gli effetti del Covid sulle piccole e medie imprese in Sardegna: sono al sicuro solo undici aziende e mezzo su cento. Numeri al di sopra della media del Mezzogiorno, ma nettamente al di sotto della media nazionale del 21 per cento. Per il resto attenzione: il 34,4 per cento delle attività è considerata vulnerabile, il 15 per cento a rischio. Ma nel quadro generale l'Isola dà l'impressione di poter reggere il colpo: l'aumento del pericolo di sopravvivenza rispetto al periodo pre pandemico è solo dello 0,8 per cento. Poco rispetto ad altre regioni: Lazio +5,7, Toscana +4,3 e Sicilia +3,6.
Sono le cifre, aggiornate al 2021, del rapporto regionale Pmi 2022, realizzato da Confindustria e Cerved, in collaborazione con Unicredit e Gruppo 24. Tra il 2019 e il 2020 la Sardegna ha anche registrato un calo del numero delle piccole e medie imprese, da 2.533 a 2.401 con un decremento del 5,2 per cento, superiore al dato nazionale del -3,9 per cento.
Dati che vengono letti con preoccupazione dal presidente di Confindustria Sardegna Maurizio de Pascale. "Senza misure tempestive ed efficaci - spiega - la naturale evoluzione di questa situazione per la Sardegna, già strutturalmente debole per le note storiche diseconomie, comporterà una drammatica situazione che oltre alle grandi aziende colpirà ancora più duramente il sistema di piccole e medie imprese, che rappresentano la quasi totalità del tessuto economico sardo, schiacciate dagli esorbitanti costi degli imput energetici e delle materie prime e in ultimo dall'aumento del costo del denaro".
Per gli industriali qualcosa si può fare. "È necessario - dice De Pascale - emanare provvedimenti diversificati, finalizzati al sostegno della competitività delle imprese, vero motore per la ripresa del Paese. Riteniamo fondamentale che si ricorra a strumenti come la proroga della garanzia di credito d'imposta sulla quota di costi energetici eccedente la norma, l'incremento delle linee di credito per le Pmi, un intervento di fiscalità generale sulle bollette".