Il reddito di cittadinanza anche a chi viveva stabilmente in Algeria. Il viaggio con il barchino si intraprendeva solo per questo: ingresso in Italia, presentazione di tutti i documenti necessari per ricevere il sussidio con una autocertificazione piena di false dichiarazioni. E poi ritorno in patria con i soldi che arrivavano direttamente nella carta di credito delle Poste. Non solo: alcuni discendenti di italiani emigrati nel Sud America richiedevano e ottenevano la cittadinanza italiana e subito presentavano istanza per ottenere il beneficio. Poi tornavano a casa dall'altra parte dell'oceano senza possedere un requisito fondamentale: la residenza.
Una maxi truffa da 8 milioni di euro in 3 anni, a partire dal 2019, stroncata dalla Polizia di Stato di Cagliari con trecento denunce scattate nei confronti dei finti beneficiari del sussidio. Tutti cittadini stranieri che hanno dichiarato falsamente di avere i requisiti e, tramite i Caf o le Poste Italiane, hanno poi trasmesso all'Inps la domanda. La Polizia ha già segnalato all'Istiuto di previdenza le posizioni irregolari per l'immediata revoca del beneficio. E ora l'ente avvierà le procedure per recuperare le somme percepite in modo illecito. Seicento euro, in media, è la cifra che gli indagati hanno intascato ogni mese. Per ottenere il beneficio dichiaravano di essere in possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo o di avere la residenza in Italia da almeno dieci anni, gli ultimi due continuativi.
Le indagini condotte dalla Squadra Mobile della Questura di Cagliari, guidata dal dirigente Fabrizio Mustaro, sono durate circa otto mesi: lunghe e laboriose perché si trattava di verificare per ogni posizione l'effettivo possesso dei requisiti. Nel dossier migliaia di controlli incrociati per verificare ogni dichiarazione. Gli stranieri appena arrivati in Italia - molti tramite imbarcazioni di fortuna nella tratta Algeria-Sardegna - si presentavano prima ai Caf per presentare domanda per il reddito di cittadinanza e solo dopo all'ufficio immigrazione per richiedere il permesso di soggiorno.
"La domanda, infatti, è basata su un'autocertificazione e sia il Caf che l'Inps, che riceve l'istanza - spiega all'ANSA Mustaro - non hanno la possibilità di verificare che i potenziali beneficiari abbiano i requisiti autocertificati. Per questo il nostro lavoro, durato 8 mesi, è stato immenso e su una quantità di documenti abnormi che hanno impegnato gli agenti per tanto tempo". A maggio la prima tranche di denunce, 140, ora le altre 300 e le verifiche su ulteriori 200 posizioni. Ma sembra solo la punta di un iceberg. Sui casi dei sudamericani, poi, il rischio è doppio: sarà infatti difficile notificare loro il decreto penale oltre a non poter recuperare quanto percepito illecitamente, perché o sono irreperibili o sono nullatenenti.
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