Il Covid ha dettato l'agenda del quotidiano delle associazioni di volontariato in Sardegna, indirizzando molte energie, spesso puntate alla gestione delle emergenze, verso la distribuzione di beni, in particolare a beneficio delle fasce più deboli della popolazione. Si tratta prevalentemente di anziani.
I volontari, nel 22,9% dei casi, hanno sostenuto cittadini in quarantena o persone sole, nel 13,5% hanno prestato aiuto a soggetti con patologie a rischio, e nell'11,5% dei casi si sono occupati di famiglie con persone con disabilità o problemi psichici. Ma che cosa hanno fatto per l'esattezza i volontari sardi in quei mesi difficili? Il 32,3%, spesso collaborando con gli enti locali, si è impegnato nella consegna di beni di prima necessità; il 21,9% ha prestato servizio di ascolto telefonico e supporto psicologico; il 12,5% ha garantito il trasporto sociale; l'11,5% ha dato manforte alla Protezione civile.
L'emergenza sanitaria ha anche costretto i volontari a fronteggiare situazioni mai sperimentate prima, imbattendosi così in bisogni e necessità che oltrepassano gli ambiti delle attività comunemente svolte. Anche per questo motivo 8 intervistati su 10 ritengono utile l'inserimento di nuovi volontari, adeguatamente formati, all'interno della loro associazione di appartenenza. Vorrebbero che venisse favorito il reclutamento dei volontari e che si predisponessero corsi di formazione sempre più professionalizzanti in grado di fare fronte a necessità che non sono più solo quelle del passato.
Un'aspettativa che fa il paio con la significativa convinzione del 53,1% degli intervistati che ritiene che l'attività della propria associazione abbia un futuro sicuro.
Gli ambiti d'azione delle associazioni coinvolte nell'indagine sono diversi, e quelli che prevalgono operano prevalentemente nel settore socio-sanitario (26%), socio-assistenziale (22,9%) e culturale (18,8%).
Covid: volontari in prima linea per assistere più deboli
Ricerca Eurispes, aiuti a chi era in quarantena o anziani soli