Sardegna

Ampliamento fabbrica bombe, sit-in antimilitaristi a Cagliari

Processo per presunti abusi edilizi. "Basta pane avvelenato"

Redazione Ansa

(ANSA) - CAGLIARI, 11 DIC - "Basta pane avvelenato". È lo striscione più grande sistemato da ambientalisti e antimilitaristi questa mattina davanti al palazzo di giustizia di Cagliari in occasione dell'udienza relativa al processo che riguarda l'ampliamento della fabbrica di bombe Rwm, l'azienda con stabilimento a Domusnovas controllata dalla tedesca Rheinmetall.
    Lo scorso ottobre, nella sua requisitoria la pm Rossella Spano, nel processo per presunti abusi edilizi legati all'ampliamento, aveva chiesto nove condanne a pene comprese tra sette mesi e un anno e 10 mesi di reclusione. Sul banco degli imputati ci sono l'amministratore delegato della Rwm, Fabio Sgarzi, il vice Leonardo Demarchi, i tre tecnici incaricati dall'azienda di redigere i progetti di espansione, Palmiro Palmas, Ignazio Pibia e Mauro Pompei, e i funzionari comunali che avevano rilasciato le autorizzazioni per l'ampliamento: il responsabile dello Sportello unico per le attività produttive e per l'edilizia (Suape) di Iglesias e Domusnovas, Lamberto Tomasi, così come i tecnici Elsa Ghiani, Anna Rita Perseu e Giuseppe Matzei.
    Ora l'udienza è stata aggiornata al 21 dicembre.
    Si sono costituite parte civile nel procedimento la Confederazione Sindacale Sarda, l'Unione Sindacale di Base, Cobas Cagliari, Sardegna Pulita, Italia Nostra Sardegna, Centro Sperimentazione Auto sviluppo Domus Amigas, Assotziu Consumadoris Sardigna, Cagliari Social Forum, Movimento Non Violento Sardegna, Comitato Riconversione RWM per la pace ed il lavoro sostenibile. "Noi - hanno detto i rappresentanti delle associazioni in lotta - ci saremo".
    Un sit-in con lo sguardo rivolto in Palestina: "È in corso il feroce bombardamento e attacco di terra della Striscia di Gaza da parte di Israele, che causa tremende atrocità - spiegano Comitato No Rwm, Comitato sardo di Solidarietà con la Palestina e Cagliari SocialForum -. Non piangiamo più finte lacrime su di un bimbo morto quando consentiamo che da noi, nella nostra terra, si producano ancora queste armi letali. Partono da qui i cargo con bombe e proiettili diretti verso varie zone di guerra". (ANSA).
   

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