Il cardinale Angelo Becciu proclama la sua innocenza. "Essere condannati non è bello, sono rimasto costernato e ho sentito su di me il peso di me stesso, della mia famiglia e anche della Chiesa, un cardinale ad essere condannato", ha detto a 'Cinque minuti', la trasmissione di Bruno Vespa su Rai 1, nel suo primo intervento pubblico dopo la condanna ricevuta dal Tribunale vaticano lo scorso sabato. Alla domanda se il Papa creda nella sua innocenza, Becciu ha risposto: "Io credo di sì e spero di sì. E comunque io mi darò da fare, è certo, per dimostrare la mia innocenza. Nelle istanze giuridiche e in tutte le maniere io voglio gridare al mondo che sono innocente, che non ho fatto assolutamente questi reati di cui vengo accusato".
Becciu dunque si difende e spiega che acquistare palazzi era "una tradizione della Santa Sede". Poi sottolinea che nessuno lo aveva avvertito di possibili rischi nell'operazione del palazzo di Londra, spiegando che responsabile dei dossier era il capo dell'ufficio amministrazione, non lui. "Non sono io che ho scelto. Io, da Sostituto, sa quanti uffici dovevo seguire? Diciassette uffici. Io non avevo tempo di seguire passo per passo le questioni economico-finanziarie. C'è un ufficio, l'ufficio amministrativo, che si occupava delle questioni amministrative e anche degli investimenti" e "il capo ufficio, che è il vero responsabile della amministrazione, a quei tempi era monsignor Perlasca, mi presentava i vari dossier.
Tra questi il dossier sulla opportunità di investire in un palazzo". "Erano i miei tecnici che mi dicevano che era possibile farlo, che ne veniva fuori un grande vantaggio per la Santa Sede, non mi presentavano grossi rischi, inoltre la persona era garantita dalla stessa banca". Il cardinale risponde anche su quei 570mila euro dati a Cecilia Marogna e finiti in beni personali di lusso. "Questo non lo sapevo assolutamente e se avessi saputo non l'avrei permesso. Questi soldi dovevano essere destinati solo all'operazione di liberazione della suora". "Con il Papa eravamo d'accordo di finanziare questa operazione. Quindi quei soldi dovevano servire solo per questo. Se qualcosa è andato storto lo deve scoprire chi lo deve scoprire", ha aggiunto il card. Becciu. Sui soldi dati alla Caritas di Ozieri per una cooperativa il cui titolare è il fratello dello stesso cardinale, Becciu ha detto che "è il vescovo", quindi non lui, "che decide dove utilizzarli. Finora quei 100mila non sono ancora stati utilizzati".
Da Ozieri, a difesa di Becciu, è arrivata una lettera dell'attuale vescovo, monsignor Corrado Melis: "Sento con immensa sofferenza di non essere solo a provare amarezza e disorientamento dopo la sentenza comminata al caro don Angelino", scrive alla sua diocesi. "Sono veramente in difficoltà e con estrema umiltà mi metto a nudo confessandovi: non capisco!", dice ai suoi fedeli. Intanto, restando nell'ambito della giustizia vaticana, Papa Francesco ha adeguato gli inquadramenti e di conseguenza gli stipendi dei suoi giudici. Per questo ha varato un Motu Proprio, "considerato che l'esercizio della funzione giudiziaria, in nome del Sommo Pontefice, da parte dei magistrati dello Stato presuppone e richiede - sottolinea lo stesso Bergoglio nella premessa - un inquadramento complessivo rispettoso della competenza e della dignità professionale".
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